Elena dell'Agnese, Daniel Delatin Rodrigues (a cura di)
Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c6
Quattro brevi spunti di riflessione. Da ognuno di questi se ne potrebbero sviscerare a catena altrettanti e altrettanti ancora, tanti quanti sono i destinatari di benefici eccezionalmente sinergici, frutto di legami e linguaggi collaborativi.
{p. 142}

3. Approfondimento: il Monferrato vitivinicolo

Al fine di osservare tali sinergie sul campo, si riporta un caso ancor più localizzato, un’area rurale rappresentativa dell’universo Piemonte, il Monferrato, eletto come esempio microcontestuale per riflettere sulla realtà in cui l’agricoltura sociale interviene.
In quest’area, la multifunzionalità agricola sta facendo il suo percorso sull’onda dell’incremento del turismo rurale, in special modo, avendo conseguenze non solo su quest’ultimo ambito ma su molto di più: giovani, formazione, ambiente, partecipazione, tutela attiva del patrimonio locale materiale e immateriale, attivazione del capitale umano.
È di un’antica regione del Piemonte occidentale che si tratta, collocata tra la provincia alessandrina e astigiana, tra colline di origine marina e il fiume Po. È un territorio scelto in funzione del suo essere altamente compatibile – nonostante le peculiarità territoriali – alla narrazione finora sviluppata, essendo categorizzabile come area interna intermedia [20]
.
Qui, come in altre realtà marginali d’Italia, le disuguaglianze pesano come macigni e l’abbandono è sempre stata una scelta più che concreta per la popolazione locale. Scelta che ha indotto consequenzialmente impoverimento e trascuratezza di ogni tipo di tessuto costitutivo del sistema, da quello economico, sociale, culturale. Figlia della sua storia ma anche del tempo presente, l’area monferrina sta vivendo però anche le stesse dinamiche e gli stessi cambiamenti illustrati nei paragrafi precedenti, inclusa la rinnovata concezione e quindi la diversa aspettativa circa il benessere, nonché la forte ricerca di un’identità più emancipata, punto {p. 143}di partenza di un nuovo approccio a ciò che si insegue in quanto «sviluppo».
In seno agli stessi riferimenti usati nel paragrafo precedente per inquadrare il Piemonte si può ricavare il profilo – prevedibilmente controverso – del Monferrato.
Se si sceglie di concentrarsi sul Basso Monferrato, ci si trova di fronte a un contesto che rientra nelle zone altamente specializzate della regione, nella viticoltura in special modo, con eccellenze che trainano l’export e di cui è stato riconosciuto il valore universale anche in termini culturali da parte dell’UNESCO, che ha inserito l’intera area, insieme a Langhe e Roero, nella lista dei patrimoni dell’umanità [21]
.
Quest’ultimo storico traguardo del 2014 ha dato vita a un vivace dibattito, accademico in particolar modo, sulla progettualità di territorio che, mobilitando il patrimonio in quanto risorsa, permetterebbe alle reti di attori locali di perseguire obiettivi propri e comunitari. Punto di riferimento rispetto all’argomentazione, in tema di ricadute territoriali del riconoscimento UNESCO in Monferrato, i lavori di G. Pettenati in I paesaggi culturali UNESCO in Italia [2019].
Tornando al profilo monferrino, si tratta di un territorio particolarmente apprezzato dal «nuovo» turista, domestico e internazionale, attento alla natura dei servizi ricevuti, desideroso di esperienze outdoor e di scoperte enogastronomiche, di partecipazione e di coinvolgimento in attività che restituiscano l’idea della tanto ricercata «autenticità».
Con l’esacerbarsi delle grandi crisi globali e la conseguente interrogazione circa i modelli di vita preesistenti, il conseguente appeal guadagnato nei confronti dei territori ancora poco urbanizzati, come il Monferrato, ha portato questo dinamismo anche oltre il mero confine turistico. Neo-rurali, fenomeno delle seconde case, un crescente attivismo dell’attore pubblico così come interessamento da parte di investitori privati dimostrano che un cambio di paradigma è in atto anche qui.{p. 144}
Non può lasciare indifferenti il lato critico della medaglia.
La presenza di poli di erogazione di servizi e innovazione non può celare la situazione di grave difficoltà in cui si muovono gli attori delle aree rurali circostanti, protagoniste di importanti flussi di cittadini in uscita per una quantità elevata di deprivazioni che ostacolano fortemente l’esercizio dei propri diritti di cittadinanza e il raggiungimento di standard di vita pari a quelli dei soggetti domiciliati in centri urbani.
Se è vero che il turismo ha dato una forte scossa al tessuto locale, è altrettanto vero che gli effetti benefici sono di difficile assimilazione corale.
Ecco perché l’agricoltura, non solo multifunzionale, ma sociale, può essere validamente considerata un orizzonte risolutivo. Direzione che gli attori del territorio, in particolare gli imprenditori agricoli, sembrerebbero sposare. A testimoniarlo le variegate iniziative di confronto, aggregazione, organizzazione, aventi luogo in regione soprattutto dal primo periodo post-pandemico, come menzionato nel paragrafo precedente, le quali, anche se di raggio regionale, includono e riguardano come attori anche i monferrini.
Dopo un inquadramento d’area vediamo i contorni del settore agricolo locale.
In questo momento storico, il comparto in questione sta esercitando un rinnovato magnetismo verso giovani e neo-rurali per quanto riguarda il mercato del lavoro; la comunità locale vi si rivolge con fiducia e fedeltà per i propri consumi e recentemente per l’impiego del proprio tempo libero; anche l’attore pubblico intuisce un utile ed economico collaboratore nella tenuta del sistema di welfare. In generale, si parla di un fenomeno diffuso a numeri ancora troppo contenuti per poterne misurare un impatto ma se si considera la platea di stakeholders a cui converrebbe l’affermazione di tale modello imprenditoriale, politico e sociale, allora le prospettive possono essere rosee.
Per quanto riguarda invece le difficoltà attorno a tale ipotesi, a ostacolare il trend concorrono diversi fattori comuni alle aree interne piemontesi.{p. 145}
In primis, emerge il dato rilevante per cui nell’area monferrina si registra una netta prevalenza numerica di piccole aziende con una SAU [22]
minima. Tra le cause quella demografica, la senilizzazione e l’abbandono. Questo aspetto rende difficile la messa a sistema di qualsiasi paradigma rivolto a un territorio.
Stessa conseguenza è indotta dalla governance locale, con poche durevoli e concrete iniziative e indirizzi di sviluppo comuni di tipo top down.
Il limite in questione fa sì che i privati, sempre più impegnati invece in tale direzione olistica, siano lasciati soli: il capitale materiale e immateriale fatica così ad aggregarsi e mettersi a frutto, le voci a convergere e i risultati a mostrarsi e questo rappresenta l’ostacolo maggiore in quanto ogni sforzo, per quanto esemplare, rischia di restare un astro isolato, fine a sé stesso.
Se si parla di Monferrato, di agricoltura e attori del territorio, non si può non fare una specifica sulla viticoltura.
In loco quest’ultima ha mantenuto infatti il suo storico status di settore di riferimento, sia in quanto coltivazione dominante [23]
sia in veste di «punto fermo trasversale» per il territorio e i suoi abitanti, in termini economici, politici e sociali.
Neanche la pandemia, nonostante il ridimensionamento delle cifre, ha demotivato il sistema vitivinicolo monferrino, solido reagente e intelligente lettore dello scenario: le giacenze sono state ridotte considerevolmente, ma ciò ha sventato il pericolo speculazioni; il consumatore non ha declassato il vino a mero prodotto di consumo anzi ne ha confermato la valenza culturale continuando a mantenere a livelli di sicurezza la domanda [24]
.{p. 146}
Tale resilienza unita alle conferme dall’audience locale e internazionale non ha fatto altro che aumentare il desiderio di emancipazione e azione dei viticoltori, i quali sanno molto bene quanto sia vano il mero assistenzialismo e quanto vi sia invece urgenza di un impegnato supporto dall’alto. Supporto alla creatività, alla visione e alla professionalità degli imprenditori stessi, i quali hanno dimostrato di poter essere incisivi agenti e poliedrici interlocutori. La volontà di una svolta non manca e sono in tal sede funzionali le parole dei rappresentati di tre importanti consorzi di zona a «Il Monferrato» [25]
:
Il nostro lavoro merita dignità e valore [...]. Ciò che vorremmo è un sostegno concreto alle nostre proposte, frutto di esperienza, estro, intuizione e genialità e non mero assistenzialismo. Noi siamo pronti per un tavolo di concertazione e di programmazione. Vogliamo essere parte di diritto nelle scelte che riguardano il nostro lavoro, le nostre economie e le nostre produzioni enologiche.
A tal fine, emerge una precisa elezione, quella della multifunzionalità:
– multifunzionalità come nuovo orizzonte dello sviluppo imprenditoriale, con lo sguardo rivolto al turista;
– multifunzionalità per diversificare le entrate in tempi di incertezza;
– multifunzionalità per stimolare la creazione di una rete locale che sia allo stesso tempo ammortizzatore e garante;
– multifunzionalità per fornire il territorio di una struttura sociale, solida e lungimirante capace di mantenere accese le sinergie tra imprenditori e concittadini, in un vivace rapporto simbiotico per il quale uno è la prima scelta dell’altro.
A seguito di ricerche tra risorse online, database regionali e raccolta dati sul campo, si possono confermare due
{p. 147}limiti per procedere a una più analitica introspezione del trend: la scarsità di dati precisamente riferiti al Monferrato (essendo una regione storico-geografica, come molte aree rurali, beneficia di pochi aggregati di dati ufficiali dedicati) ma soprattutto la mancanza di una voce rappresentativa dell’universo, a testimonianza di svariati progetti ma nessun incisivo discorso corale al riguardo.
Note
[20] Ove servizi essenziali di trasporto, sanità e istruzione non siano fruibili, accessibili, esistenti in un’area, questa viene categorizzata in quattro tipologie territoriali in base al tempo di percorrenza da questa al più vicino polo di servizi: 1. Aree di cintura, corrispondenti a un massimo di 20 minuti di percorrenza; 2. Aree intermedie, dai 20 ai 40 minuti di percorrenza; 3. Aree periferiche, dai 40 ai 75 minuti di percorrenza; 4. Aree ultra-periferiche, oltre i 75 minuti di percorrenza. Aree intermedie, periferiche e ultra-periferiche sono le classi che costituiscono il concetto di «area interna» [Carrosio 2019, 70].
[21] Dal 2014 inseriti nella lista dei siti patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Fonte web: Regione Piemonte, sito UNESCO, I paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato.
[22] Superficie agricola utilizzata. «Insieme dei terreni investiti a seminativi, coltivazioni legnose agrarie, orti familiari, prati permanenti e pascoli e castagneti da frutto. Essa costituisce la superficie effettivamente utilizzata in coltivazioni propriamente agricole». Fonte web: Agriregionieuropa, Glossario PAC.
[23] Fonte web: Treccani, Il Monferrato.
[24] Nonostante le limitazioni dovute al Covid, il Monferrato del vino regge l’urto, in «lavocediAsti.it», 17 novembre 2020.
[25] Domenico Ravizza del Consorzio Colline del Monferrato Casalese, Italo Danielli presidente del Consorzio Tutela dell’Ovada Docg e Gian Paolo Repetto del Consorzio Colli Tortonesi, Le proposte del mondo vitivinicolo per superare la crisi causata dal Coronavirus, in «Il Monferrato.it», 17 aprile 2020.