A scuola di dissenso
Storie di resistenza al confino di polizia (1926-43)

Quando il fascismo si voleva liberare di persone sospette, ma sulle quali non esistevano accuse formali, applicava la legge del confino. Tra il 1926 e il 1943 furono circa 15.000 gli italiani condannati al confino di polizia, tra loro diverse migliaia di antifascisti. I più pericolosi venivano relegati nelle isole. Costretti all’immobilità dal regime, gli antifascisti cercavano strumenti per restare fermi ma non inerti. Nelle colonie di confino si istituirono mense e biblioteche, scuole e cooperative: si studiava, si leggeva, si discuteva, si elaboravano documenti, come nel più animato dei congressi politici. Mentre nel resto del paese gli spazi di libertà si restringevano fino a scomparire, nelle isole di confino si andava a chiedere consiglio, si portavano notizie e informazioni, che venivano studiate, vagliate, confrontate e integrate le une con le altre, vanificando così l’essenza stessa della punizione che il regime aveva voluto dare. Per una generazione intera di antifascisti, il confino rappresentò una tappa cruciale nella costruzione di sé. Il loro agire sarà anche, almeno simbolicamente, premessa per l’edificazione della Repubblica.

è dottore di ricerca in Italian Studies presso l’Università di Reading (Regno Unito). Si interessa di storia dell’Italia e dell’Europa contemporanea. Ha pubblicato: Vento del Sud. Gli antifascisti meridionali nella guerra di Spagna (con Vania Sapere, Istituto Ugo Arcuri, 2007) e Postcards from Italy. Vent’anni di berlusconismo sulla stampa britannica (CLUEB, 2013).

Editore: Carocci

Pubblicazione online: 2021
Isbn edizione digitale: 9788829008636
DOI: 10.978.8829/008636

Pubblicazione a stampa: 2016
Isbn edizione a stampa: 9788843079506
Collana: Studi storici Carocci
Pagine: 244

  • Trova nel catalogo di Worldcat