Inconsci, coscienza e desiderio
L'incertezza in psicoanalisi
Cosa qualifica la pratica psicoanalitica rispetto alle altre psicoterapie?
La risposta dell’autore è che la psicoanalisi si caratterizza per essere una
pratica dell’in-certezza. Diversamente dal senso comune, nel volume
l’in-certezza viene declinata positivamente come ciò a cui dovrebbe
“tendere” una pratica che si richiami alla singolarità del paziente,
a una concezione del sintomo quale narrazione da interrogare, ma
soprattutto al ruolo degli inconsci (non rimosso e rimosso). Particolare
attenzione viene riservata proprio alla distinzione fra il cosiddetto
inconscio rimosso, linguistico, sede di contenuti che sono andati
incontro all’elaborazione simbolica, e l’inconscio non rimosso, presimbolico.
Il rimando ai due inconsci porta l’autore a considerare la
teoria psicoanalitica non più centrata sull’inconscio ma sugli inconsci:
un cambio di vertice che risulta vantaggioso per la comprensione delle
psicopatologie non nevrotiche (come, ad esempio, le psicosi), in cui si
ravvisano compromissioni strutturali dei due inconsci. In questi casi,
la psicoanalisi, intesa come pratica dell’in-certezza, consisterebbe in
un lavoro di co-costruzione degli inconsci attraverso una relazione che
non punti a mettere in campo interventi correttivi precostituiti, ma a
promuovere processi trasformativi favoriti dall’ascolto desiderante, da
parte dell’analista, della parola del paziente.