Diritto e valori
DOI: 10.1401/9788815413499/p1
Dal riconoscimento costituzionale della autonomia normativa e istituzionale del sindacato si deriva, sostiene ancora Mengoni, «la legittimazione del sindacato come portatore di una autonoma politica economico-sociale formalmente operante con mezzi di diritto privato [… ] ma valutabile sul piano politico-costituzionale come competenza concorrente con quella dello Stato a determinare lo sviluppo dell’ assetto globale dei rapporti sociali» (p. 186). Sono queste affermazioni fra le più impegnative espresse
¶{p. 6}dai giuslavoristi anche dai più sensibili alle ragioni del sindacato; ma esse sono attente a non avallare tentazioni pansindacalistiche presenti in quel periodo.
Mengoni considera peraltro oltre al sindacato anche altri gruppi sociali soggetti al potere di mercato delle (grandi) imprese. Sostiene che questo potere «non può legittimarsi se non attraverso un mutamento di struttura, inserendosi organicamente in un nuovo ordinamento costituzionale della economia che realizzi la partecipazione di tutti i gruppi sociali alla determinazione dei contenuti del bene comune nel dato momento storico e a stabilire in che cosa deve consistere il progresso della collettività» (p. 355).
5. Si tratta di indicazioni di grande modernità, in linea con le pratiche di responsabilità sociale delle imprese e poi con le indicazioni delle direttive europee sugli obblighi di rendicontazione (CSDR) e di Due diligence delle (grandi) imprese nei confronti di tutti gli stakeholder.
Va rilevato che la fiducia di Mengoni nella autonomia dei gruppi sociali con strumenti di partecipazione non si limita all’ambito delle imprese; egli ne vede le potenzialità anche come componente dell’ordine economico e come veicolo di integrazione della democrazia politica.
Anche il fondamento di tale concezione è ricondotto ai valori costituzionali, cioè alle norme che, nel valorizzare la autonomia dei privati, impongono a tutti doveri «inderogabili di solidarietà politica economica e sociale» e istituiscono all’art. 3 «un nesso indissolubile fra stato di diritto e stato sociale».
La partecipazione sindacale alle politiche pubbliche, se può promuovere una «forma nuova e vitale di divisione dei poteri capace di meglio assicurare la libertà dell’individuo e di accorciare il processo di formazione della volontà politica» (pp. 200-203), presenta due rischi, entrambi segnalati con preoccupazione: cioè il rischio che conduca a situazioni di “stallo pluralistico” con conseguente blocco o ritardo dei processi decisionali, e quello non meno grave che i compromessi partecipativi portino non solo a una «svalutazione del procedimento parlamentare» (p. 203), ma anche a soluzioni squilibrate non utili all’interesse ge¶{p. 7}nerale ma di parte, corporativi e «preclusivi degli interessi delle minoranze non organizzate» (p. 204).
6. Mengoni sottolinea che «Il problema dell’ordine economico investe la struttura dello Stato», perché «democrazia economica e intervento diretto dello Stato sono il sottofondo delle nuove forme giuridiche dell’economia» (pp.155 e 157). E aggiunge «la costituzione economica implica essenzialmente l’assunzione da parte dello Stato di una funzione non semplicemente correttiva e integrativa, ma propulsiva e direttiva del processo economico» (p. 157).
Questa osservazione interviene in un dibattito acceso nelle vicende di allora e rinnovato ora che lo Stato e le politiche pubbliche tornano ad assumere grande rilevanza non solo in Italia, dopo anni di svalutazione da parte degli orientamenti liberisti affermatesi in molti paesi.
Mengoni precisa che «lo strumento giuridico di cui si riveste il comando dello Stato non riceve giustificazione solo da finalità economiche» (p. 158), ma mantiene una sua autonomia, in quanto «vincola le scelte politico-economiche dello Stato alle esigenze della giustizia materiale, alla realizzazione di un ordine giusto della società economica» (p. 159). E aggiunge «nel suo pieno significato lo Stato di diritto postula che la eguaglianza formale dei cittadini non produca diseguaglianze sociali», perché la Costituzione ripudia la concezione formale che identifica la giustizia con l’ efficienza dell’ ordinamento positivo e «nega che l’ ordine sociale esistente sia il migliore possibile e quindi debba essere considerato come un dato».
«Esso può e deve essere migliorato […] e oggetto di costruzione […] vincolata ai fini ai quali si attribuisce valore privilegiato e che sono in generale definiti dagli artt. 2 e 3 e trovano poi una serie di formulazioni specifiche nel Titolo III dedicato ai rapporti economici» (p. 160).
Questi rilievi danno l’occasione a Mengoni per sviluppare osservazioni generali sul rapporto fra costituzione economica e struttura democratica dello Stato.
«Chiusa la parentesi del corporativismo autoritario il problema sta nel realizzare con strumenti giuridici un ordine che renda possibile un compromesso fra i due mo¶{p. 8}delli estremi dell’economia di mercato e dell’economia totalmente pianificata» e «una combinazione della libertà individuale e di gruppo con una direzione stabile dell’economia» (p. 159).
Al riguardo specifica, con una notazione relativa ai fondamenti e alle sorti della democrazia «oggi diventa sempre più chiaro che la sicurezza della democrazia non riposa in ultima analisi sul procedimento di formazione della volontà dello Stato, ma su un ordine sociale che assicuri a ciascuno una posizione corrispondente alla sua specifica partecipazione alla comunità economica» (p. 155).
7. Il rinnovamento della struttura democratica dello Stato basato su un ordine sociale giusto implica anche una nuova concezione del rapporto fra diritto ed economia, su cui Mengoni ritorna più volte per precisare il proprio pensiero.
«Il diritto non è mera forma esteriore del comportamento economico destinato a garantire a ciascuno un’autonoma possibilità di scelta». «A questa concezione puramente formale propria della ideologia liberista, è venuta sostituendosi una concezione finalistica, che vede nella norma giuridica una componente strutturale della attività economica, condizionante e a sua volta condizionata» (p. 155).
«È attribuita al diritto la funzione di una disciplina delle scelte economiche in virtù della quale il principio economico, cioè la ricerca della soddisfazione dei bisogni dell’uomo, viene coordinato con un sistema di valori autonomi rispetto all’economia, che è compito del diritto realizzare nell’esperienza economica» (p. 156).
La rilettura di queste considerazioni di Mengoni è preziosa per aiutarci a riflettere su un tema a lungo rimosso dal dibattito non solo dei giuslavoristi, spesso per pregiudizi ideologici, e che ora è oggetto di rinnovata attenzione, ma non priva di interpretazioni forzate delle teorie della law and economics che avallano la primazia della razionalità economica nelle scelte regolative pubbliche.
Note