Contrattazione e partecipazione
DOI: 10.1401/9788815374950/c2
In definitiva, l’accordo del ’58 mirava a sanare
la contraddizione che non di rado si assume esservi tra il comportamento dei
lavoratori e la dipendenza della loro sorte da quella dell’impresa. In altri
termini, poiché
¶{p. 52} la prosperità dell’impresa è vantaggiosa sia
per l’imprenditore sia per i lavoratori, non si dà conflitto, bensì convergenza
d’interessi.
Bisognerà attendere parecchi anni perché si
prenda atto che questo modello culturale, implicitamente ma chiaramente richiamato,
contrasta con l’ordinamento positivo (art. 40 così, che riconosce il diritto di
sciopero), è smentito dalle analisi della sociologia industriale ed esaurisce in una
visione rigidamente aziendalistica la problematica dei rapporti tra imprenditore e
maestranze.
Può sembrare paradossale, ma nell’aprile del 1966
ai dipendenti della sede della Bassetti riuniti in assemblea ‒ a quelli stessi che
nel convegno di Stresa avevano assunto le posizioni ricordate ‒ proprio il Direttore
del personale espresse «la convinzione che realisticamente non si possa parlare di
coincidenza tra gli interessi dell’azienda (cioè, di un’azienda qualsiasi) e gli
interessi dei singoli che operano al suo interno». Era il riconoscimento ufficiale
della fine di una illusione, alla quale aveva dato corpo la propensione spontanea ‒
tipica della categoria impiegatizia, secondo una incontrastata opinione ‒ ad
identificarsi con la finalità dell’impresa.
Note