Contrattazione e partecipazione
DOI: 10.1401/9788815374950/c15
Nel quadro dei rapporti di potere preesistenti, il
ricorso all’arma dello sciopero ha avuto un effetto semplicemente dimostrativo: quello di
negare che il sindacato fosse in condizioni di inferiorità rispetto alla direzione. Ma la
verità è che il conflitto è sorto proprio perché il sindacato era stato posto in condizioni
di inferiorità dalla stessa iniziativa direzionale di affrontarlo su problemi che sfuggono
al suo controllo. Preso in contropiede, infatti, il sindacato non ha potuto fare altro che
battersi contro taluni effetti del piano, sviluppando una contestazione
subalterna ed interna al piano stesso.
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«Ad un interlocutore sprovveduto», è la denuncia della
CGIL nel momento più acuto della lotta, «potrebbe apparire che è intenzione della direzione
contrattare con i sindacati a condizione che questi accettino sempre di “entrare nel merito”
di ogni proposta avanzata dalla direzione e trovarne comunque e sempre una soluzione
positiva per l’azienda». Senonché, l’andamento e la conclusione della vicenda descritta
sconsigliano all’immaginario «interlocutore sprovveduto» di mutare avviso. Dopotutto, lo
sciopero ha conseguito proprio lo scopo di giustificare i sindacati ad «entrare nel merito»,
di consentire cioè ai sindacati di attuare quel comportamento che in precedenza era
considerato un segno di debolezza. Per contro, il fatto di «entrare nel merito» non è sempre
espressione di una soccombenza a priori e probabilmente non lo sarebbe
stato se i sindacati avessero utilizzato, inserendoli in un’autonoma strategia politica e
nel quadro di un proprio modello di sviluppo dell’azienda diverso da quello poi accettato,
gli strumenti di condizionamento a monte delle decisioni direzionali
offerti dalle strutture della CM. In realtà, l’accordo del 30 gennaio 1967 è un successo dei
sindacati in quanto gruppi (burocratico-professionali) di pressione, ma è un insuccesso
degli stessi in quanto agenti di una politica di CM nel quadro di una strategia della
contrattazione collettiva che non sia limitata agli obiettivi indicati dalla tradizione
trade-unionista, bensì estesa al terreno della gestione aziendale su cui il sindacato,
bon gré mal gré, è necessariamente impegnato
[11]
. Tuttavia, nella misura in¶{p. 145} cui i sindacati abbiano
saputo (o sapranno) riconoscere, sulla base di quella esperienza, la necessità di
organizzarsi come «forza antagonistica del potere imprenditoriale: non sul fronte ristretto
delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro, ma sull’intero arco lungo il quale si
manifestano la politica dell’impresa e l’azione del gruppo dirigente»
[12]
, la vertenza sulla c.d. squadra di carico ha «riscoperto» la validità di una
politica di partecipazione e di consultazione preventiva attraverso la
contestazione. Ha verificato che il nuovo itinerario della CM tracciato nell’accordo del 20
dicembre 1965 non può non svolgersi senza avanzamenti e ritorni, ma ha altresì
perentoriamente indicato che l’ininterrotta linea di transazioni lungo la quale esso si
snoda deve significare per il sindacato avvicinamento graduale, e non rinuncia, allo scopo
apertamente enunciato di sottoporre al proprio controllo permanente l’intera programmazione
dell’attività aziendale e, in prospettiva, la pianificazione imprenditoriale, muovendo da
posizioni non più meramente collaborative e, quindi, subalterne
[13]
. Anche un’esperienza amara, come è noto, può essere
positiva.
Note
[11] Flanders, Bargaining Theory under Modem Capitalism, relazione presentata al I Congresso mondiale organizzato a Ginevra nei giorni 4-8 settembre 1967 dalla Association Internationale des relations professionnelles e pubblicata col titolo Eléments pour une théorie de la négociation collective, in Sociologie du travail, 1968, spec. p. 28 ss. Con questo lavoro l’a. si è proposto di storicizzare il dibattito, in atto da tempo nei paesi anglosassoni e specialmente negli USA (v. Vianello, La controrivoluzione industriale, Milano, 1963, p. 165 ss.), che esprime l’esigenza di superare il metodo d’azione sindacale fondato sulla tradizionale formula del contrattualismo studiato dai Weeb, evitando nel contempo le false soluzioni che sono in grado di offrire i molteplici piani dì labor (o union) management cooperation a qualunque livello.
[12] Ruffolo, La grande impresa, cit., p. 262.
[13] Sul concetto di «partecipazione antagonistica» nel quadro di una visione strategica globale e purtuttavia capace di orientare la azione quotidiana e le lotte parziali verso obiettivi valutabili «in relazione al peso che esercitano nella modifica dei rapporti sociali e nello spostamento progressivo dei rapporti di potere», v. il lucido saggio di Basso, Le prospettive della sinistra europea, cit., p. 253 ss.