Territori in bilico
DOI: 10.1401/9788815374240/c9
Il Nord Milano, al pari di altre
realtà italiane ed europee, esprime pienamente i tratti peculiari di uno sviluppo
¶{p. 150}territoriale strettamente connesso alla presenza della grande
fabbrica di matrice fordista, tanto sul piano delle infrastrutture quanto su quello
dell’organizzazione (si rimanda al capitolo 2 di questo volume). A questo proposito gli
intervistati hanno richiamato varie realtà produttive riconducibili alla stagione
industriale, fra le quali la Gerli Rayon, un’importante azienda del settore tessile
operativa tra gli anni Venti e Settanta dello scorso secolo nel Comune di Cusano
Milanino. Si tratta di un esempio interessante relativamente sia alla capacità di
movimentazione di materie prime e prodotti lavorati, favorita dalla scelta localizzativa
della fabbrica in prossimità della ferrovia, sia ad un’organizzazione dei ritmi e dei
tempi di lavoro in grado di sostenere il ciclo continuo della produzione industriale.
Accanto alle trasformazioni fisiche
e funzionali di un territorio a vocazione prevalentemente agricola, lo sviluppo
dell’industria tradizionale nel Nord Milano ha innescato, nel contempo, una profonda
riconfigurazione della morfologia sociale dell’area conseguente all’ingresso di nuove
popolazioni. Sotto questo profilo è esemplificativo l’incremento demografico avuto nel
Comune di Cinisello Balsamo che, nell’arco di un decennio, è cresciuto di oltre 40.000
unità, passando da 37.000 abitanti nel 1961 a 77.000 abitanti nel 1971. È qui che
fabbriche come la Pirelli sono intervenute nel plasmare il territorio sotto forma di
quartieri residenziali destinati ad accogliere le nuove popolazioni operaie:
Guardandola dall’alto si può vedere quasi un’unica conurbazione, con numerose aree verdi (alcune delle quali fanno parte di parchi), con una forte connotazione che è derivata anche dal fatto che essenzialmente si trattava di una vasta area industriale… lì sono andate ad abitare persone che venivano da altre zone del nostro Paese (…). Da questo punto di vista lo sviluppo del Nord Milano è figlio dello sviluppo industriale (Int. 2).
Come messo in luce nel paragrafo
precedente, nel Nord Milano il passaggio dalla stagione industriale a quella
post-industriale ha coinciso con il progressivo indebolimento delle funzioni produttive
tradizionali e con la graduale e ¶{p. 151}non sempre facile transizione
verso le nuove funzioni legate all’economia immateriale. È il caso di Cologno Monzese,
più volte richiamato dagli intervistati, e del legame tra la città e il settore
dell’informazione e comunicazione (dapprima con Fininvest, ora con Mediaset). Un legame
ritenuto promettente in termini di riconversione del territorio verso nuove vocazioni
produttive («la città della comunicazione») che tuttavia fa ancora fatica a innescare
processi di innovazione produttiva e sociale di portata più vasta. Riflessioni analoghe
riguardano la Città della Salute e della Ricerca e le opportunità del nuovo polo della
ricerca e della formazione in ambito sanitario, interventi importanti, come sopra
osservato, ma non ancora compiutamente realizzati così come la riconversione fisica dei
luoghi.
Tuttavia emerge dalle interviste
l’immagine di un’area caratterizzata dalla presenza di importanti risorse territoriali
in grado di accogliere e assecondare la transizione verso nuove forme di
industrializzazione nell’attuale fase post-industriale. Risorse che si riferiscono, in
primo luogo, al patrimonio industriale dismesso in fase di riconversione strutturale e
funzionale, in secondo luogo, all’accessibilità del Nord Milano rispetto al più ampio
contesto milanese e, in terzo luogo, alla prossimità del polo universitario di
Milano-Bicocca che, complessivamente, costituiscono importanti fattori di attrattività
dell’area ed ingredienti essenziali per evolvere verso un nuovo modello di sviluppo:
Quella cultura del lavoro, quella storia industriale importante è sicuramente la forza identitaria e, allo stesso tempo, la zavorra identitaria perché forse c’è sempre stato un atteggiamento nostalgico, aggrappato al passato (Int. 1).
Il passato industriale del Nord
Milano emerge dalle parole degli intervistati in modo ambivalente come segno identitario
forte ma anche come eredità ingombrante, tanto dal punto di vista delle numerose aree
dismesse in attesa di ri-funzionalizzazione, quanto dal punto di vista di un percorso
organico di sviluppo socio-territoriale. In particolare, l’elemento di debolezza
maggiormente evidenziato chiama in ¶{p. 152}causa il prevalere di
«dinamiche (…) a macchia di leopardo [che] vanno un po’ ognuna per conto loro, senza una
policy locale di coordinamento e neanche di visione» (Int. 4).
Sotto questo profilo se risalta il
ruolo trainante di realtà come Mediaset a Cologno Monzese, OpenZone a Bresso, in altre
realtà il quadro complessivo risulta più sfumato. I diversi gradi di dinamismo dei
comuni del Nord Milano delineano, in altre parole, un percorso che l’area cerca
faticosamente di intraprendere verso la costruzione di una nuova identità territoriale
post-industriale. Eppure, nonostante la difficoltà ad elaborare un’idea forte e
condivisa sul ruolo che il Nord Milano può svolgere nello sviluppo complessivo dell’area
metropolitana, negli ultimi decenni questo territorio è stato scenario di importanti
pratiche e iniziative orientate all’innovazione che, seppur affermatesi in maniera
disomogenea, dimostrano le potenzialità dell’area in termini di attrattività:
Si è creato uno sviluppo disordinato fatto di Pmi e di alcune realtà importanti, tipo l’Abb, che arrivano con un loro nuovo edificio bellissimo ma che sono decontestualizzate, cioè non dialogano con il tessuto del territorio come facevano, invece, le grandi fabbriche del passato, che avevano fatto anche la parte sociale (c’erano anche le scuole, la chiesa, il centro ricreativo, le case, i villaggi) e determinavano molto la vita delle persone, non solo lavorativa (Int. 1).
Il problema, sottolineato da
diversi testimoni, è che l’insediamento di nuove funzioni produttive di per sé non è
sempre in grado di generare ricadute significative nei contesti insediativi, tanto più
se queste funzioni faticano a rientrare in una visione più articolata dello sviluppo
socio-territoriale dell’area. Diversamente esse rischiano di assecondare processi di
trasformazione di valore meramente spaziale, produttrici di «architetture della
meraviglia» che si legano più alla presenza di nuovi attori e operatori sul territorio
[Sgroi 2007]. Se, per un verso, interventi di trasformazione non sufficientemente
attenti ai territori in cui agiscono possono portare ad un mancato riconoscimento di
luoghi e funzioni da parte delle ¶{p. 153}comunità locali, per un altro
verso processi di emulazione di pratiche di trasformazione/rigenerazione riconducibili
al capoluogo lombardo rischiano di indebolire ulteriormente l’hinterland, tanto più in
presenza di un governo condiviso e coordinato del territorio che, a detta di molti,
andrebbe rafforzato [Gibelli 2016; Memo et al. 2011].
Milano esercita una forza centripeta e attrattiva che Sesto San Giovanni da sola (e anche il Nord Milano), se non coordina le proprie strategie di sviluppo, non ha; quindi, rischia di perdere le grandi opportunità (Int. 4).
La debolezza di una soggettività
politica, richiamata più volte dagli intervistati, idonea ad intercettare potenzialità e
bisogni dei territori e ad orientare in modo coordinato e condiviso le politiche
pubbliche sembra costituire il gap principale per il consolidamento di processi di
governance capaci di delineare il modello di sviluppo socio-territoriale del Nord
Milano. Il fatto che il comune capoluogo abbia consolidato nel tempo una posizione che
l’hinterland inevitabilmente non può ricoprire, rischia di acuire tali disparità
piuttosto che mitigare squilibri in un’ottica di sviluppo territoriale sostenibile.
Con un passato industriale fordista
ancora molto presente nelle dinamiche locali e in presenza di nuovi spazi e funzioni
in sospeso, il Nord Milano rappresenta uno dei tasselli di un
mosaico metropolitano in divenire. Le criticità evidenziate paiono richiamare
direttamente o indirettamente la necessità di un superamento della dicotomia tra
capoluogo e hinterland, in direzione di un approccio destinato a riequilibrare le
funzioni sul territorio, tenendo conto delle specificità che ne compongono il contesto,
dei bisogni espressi e inespressi e delle ricadute di medio e di lungo periodo.
3. Dinamiche identitarie e fragilità del territorio
Il territorio del Nord Milano è un
tessuto storicamente ricco di servizi, anche molto innovativi, che sono stati messi
¶{p. 154}a dura prova dalla difficoltà di intercettare una domanda più
frammentata e dalla presenza di un’offerta significativa per quanto a volte poco
coordinata.
Il territorio si presenta oggi come
un sistema di welfare locale [Andreotti et al. 2012], una struttura
relativamente flessibile in cui le condizioni socio-economiche e culturali danno luogo a
organizzazioni differenti tra attori formali e informali, pubblici e privati coinvolti
nella programmazione e implementazione delle policies di welfare.
Se da una parte questa tendenza ha innescato progetti virtuosi di cittadinanza attiva e
un maggiore allineamento con altre realtà europee, dall’altra si è inserita in una
realtà in transizione foriera di un’operatività multicentrica e con traiettorie
strategiche temporali più ridotte.
L’indice di vulnerabilità sociale e
materiale (Istat 2011)
[2]
mostra nella città di Bresso un tasso particolarmente elevato (98,7),
immediatamente seguito da Cologno Monzese, Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo e
Cusano Milanino. Da un focus group realizzato nel territorio di Sesto San Giovanni
emerge che i problemi più rilevanti riguardano l’aumento della povertà, del disagio
psichico e della richiesta di assistenza [Molteni e Mozzana 2017]. La sfida imposta
dalla pandemia impone un ripensamento ai servizi del territorio, come del resto in tutto
il resto del Paese. Anche il modello di governance pluralistica e cooperativa in auge
negli anni Novanta [Pacetti e Pichierri 2010] è andato in crisi, lasciando un vuoto non
ancora colmato da nuove strategie sistemiche, ma aggiustato dalla solidarietà di base di
un territorio abituato a gestire da sé i grandi cambiamenti. Come conferma un
intervistato:
Noi lo sappiamo che abbiamo dei ragazzi devastati e che aumenterà il disagio psichico dei ragazzi e le disuguaglianze, diminuiranno le opportunità lavorative, ma non ci siamo attrezzati, cioè i territori sono rimasti quelli che erano e questo è un problema (Int. 28).¶{p. 155}
Note
[2] Per approfondire l’analisi di tale indice a livello dell’area metropolitana e dei 3 territori in bilico si rimanda ai capitoli 5 e 6 del presente volume.