Economia civile
Efficienza, equità, felicità pubblica
Molti paradossi del mondo globale - disuguaglianze territoriali e individuali, crescita senza occupazione, aumento del reddito pro capite ma non della qualità della vita - hanno più a che fare con situazioni di scarsità sociale che materiale. Eppure le due visioni dominanti del rapporto tra sfera economica e sfera sociale sembrano ignorare tale dato. La prima considera l'impresa come un'istituzione "asociale", che si muove sul terreno eticamente neutro del mercato, alla quale chiedere semplicemente efficienza e creazione di ricchezza; sarà poi lo stato a redistribuire più equamente le fette della torta. Per la seconda visione l'impresa è "antisociale" e il mercato il luogo selvaggio dello sfruttamento e della sopraffazione del più debole. Radicata nel pensiero economico dell'umanesimo civile, la visione dell'economia civile elaborata in questo volume ritiene invece che i principi "altri" dal profitto e dal mero scambio strumentale possano trovare posto proprio dentro l'attività economica e il mercato in particolare; viene anche prospettata una diversa configurazione di quell'insieme di attività che va sotto il nome di non profit e terzo settore. La via è quella dello sviluppo - accanto alle forme tipiche dello stato e del mercato - di istituzioni di welfare civile e di forme nuove di impresa capaci di far diventare il mercato un luogo di incontri civili e civilizzanti, e persino di felicità pubblica.