Umberto Romagnoli
Contrattazione e partecipazione
DOI: 10.1401/9788815374950/c9

9. Rapporti tra comitati di consultazione mista e commissione interna

Come si è detto, l’esigenza di delimitare la sfera di competenza del comitato consultivo rispetto alla CI viene principalmente soddisfatta negando che il primo possa discutere questioni «chiaramente» riservate alla seconda. Benché si tratti di un escamotage, bisogna riconoscere che un atteggiamento diverso sarebbe più imbarazzante o, se si preferisce, meno realistico. Talvolta, è stato seguito, ma i risultati non sono apprezzabili. «Gli organismi di CM discutono le politiche e le scelte aziendali aventi dirette ripercussioni sul personale e sulla produttività» [1]
esaminano tutti i problemi aziendali «sotto il profilo delle conseguenze produttivistiche e organizzative» che essi determinano [2]
; oppure, «i comitati sono organi di consultazione, e non di contrattazione» [3]
. Queste enunciazioni, infatti, anziché riflesso di una situazione assestata, sono il prodotto dell’immaturità del sistema di relazioni industriali in Bassetti ad esprimere chiare norme per disciplinare i rapporti tra comitato di CM e CI. La percezione di ciò è abbastanza diffusa: «se il problema nasce a livello di un discorso organizzativo», cioè è affrontato per la prima volta in sede di comitato, «non si può pensare di troncarlo e di rinviarlo ad altra sede» [4]
; la stessa distinzione tra problemi connessi alla produttività aziendale e problemi che a quest’ultima non ineriscono è «contingente, strumentale e artificiosa» [5]
, senza dire poi che la natura sindacale di un problema{p. 92} aziendale non è in re ipsa, ma dipende dalla coscienza collettiva che su di esso si forma: quindi, «sarebbe opportuno che i SC affrontassero i problemi al loro primo apparire» [6]
, senza «attendere che essi assumano natura sindacale».
Tenuto conto di queste avvertenze, sembra davvero consigliabile e, in definitiva, più corretto ripiegare su una regolazione dei rapporti tra la competenza del comitato e quella della CI in termini essenzialmente negativi. Infatti, dire che la competenza del comitato si arresta là dove cominciano le attribuzioni della CI significa non escludere che il comitato occuperà lo spazio lasciato vuoto da un organismo oramai in fase regressiva per effetto degli orientamenti politici seguiti, sia pure in forme e con intensità diseguali, dalle centrali sindacali [7]
.
La verità è che la sola esistenza del comitato restringe il campo di attività istituzionale della CI. «Formulare proposte per il migliore andamento dei servizi aziendali tendenti al perfezionamento dei metodi di lavoro onde conseguire un maggior rendimento ed una maggiore produttività, vagliando e trasmettendo quelle ritenute utili, suggerite dai lavoratori», come la CI potrebbe e dovrebbe a norma dell’art. 2, n. 5, dell’accordo interconfederale dell’8 maggio 1953, diventa funzione caratteristica del comitato. Vero è che questo compito ‒ dai giuristi definito «propulsivo» ‒ non è stato in genere assolto dalle CI se non in misura trascurabile. Resta tuttavia il fatto che l’accordo aziendale del ’58 ha creato uno strumento suscettibile di trasformarsi in una stabile «cassetta parlante delle idee» [8]
e di consolidare la de{p. 93}suetudine, che ha colpito una norma concordata a livello superiore, codificandone la disapplicazione.
Le realizzazioni di dettaglio raggiunte nell’àmbito di questo sistema di suggerimenti ‒ definito, a ragione, «sui generis» [9]
‒ sono molteplici. Una elencazione esauriente riesce pertanto disagevole. In ogni caso, non avrebbe grande significato: non già perché la presentazione di proposte per la soluzione di problemi singoli sia un fenomeno qualificabile con un «sottoprodotto» della CM o perché manchino (come pure si è affermato) «gli elementi per una valutazione economica analitica» [10]
, ma perché ciò che conta è sapere se l’apporto alla ricerca produttivistica sia stato nel complesso costruttivo, e indubbiamente lo è stato nella misura in cui i «suggerimenti» dei dipendenti hanno contribuito a regolarizzare e procedurare metodi di lavoro (degli addetti alla pulizia dei telai, ad esempio [11]
), anche semplici [12]
, in corrispondenza a precisi canoni di efficientismo aziendale. Non è infrequente, infatti, in sede di comitato l’esplicito apprezzamento da parte della rappresentanza direzionale delle segnalazioni pervenute «perché dimostrano la sensibilità dei lavoratori» ai problemi aziendali e si traducono in fattori di stimolo per gli «organi di controllo e di intervento dell’azienda» [13]
.
Quanto alle altre prerogative di cui la CI è, per sto{p. 94}rica tradizione, gelosa, esse restano formalmente integre: l’accordo del ’58 non appare, sotto questo profilo, modificativo della disciplina interconfederale. Senonché, comitato e CI tendono rapidamente a sovrapporsi sul terreno del contenzioso aziendale.
Nel gennaio del 1959, ad esempio, senza preavviso e senza autorizzazione né della CI né dei sindacati, gli operai del turno di notte si astennero per mezz’ora dal lavoro per protestare contro la decisione della direzione di adeguare l’assegnazione dei telai al diminuito carico di lavoro. Nella riunione del CA tenutasi il 22 dello stesso mese, si affermerà con particolare energia che «per protestare ci sono mezzi diversi dalla fermata dei telai». Il comitato, per l’appunto, «deve essere lo strumento attraverso il quale motivi di risentimento o atteggiamenti di protesta si trasformino in costruttiva collaborazione».
Sulla base di questa salda premessa «integrazionistica» si comprende come i risultati diretti, in termini di composizione di controversie in atto, conseguiti in un clima di dialogo continuo dal comitato, siano meno importanti dei risultati indiretti in termini di prevenzione delle vertenze o di rimozione di tensioni insensibilmente stratificatesi nell’azienda. Il fenomeno non è, ovviamente, traducibile in cifre, ma è da ritenersi che l’opera del comitato deve averlo favorito in larga misura. Nella seduta del 22 luglio 1965, ad esempio, la rappresentanza del personale del SC di R. inserisce nell’ordine del giorno l’esame di una situazione di disagio lamentata da un gruppo di lavoratori e da questi ricollegata alla nuova organizzazione tecnica del trasporto delle pezze dalle sale alla cimatura. «L’esame si conclude invitando i rappresentanti del personale ad informare i portapezzo che gli inconvenienti da loro segnalati sono provvisori» ed offre al SC l’occasione per assumersi, di fronte ai lavoratori interessati, «l’impegno di riesaminare al momento opportuno i problemi che potrebbero eventualmente presentarsi nella pratica realizzazione del nuovo sistema di lavoro».
Nel secondo semestre del 1962, il SC dello stabili{p. 95}mento di R. affrontò il problema della squadra del personale di scorta in tessitura. Nel corso della discussione, protrattasi per due sedute, si stabilirono i criteri di formazione della squadra-rimpiazzi, le modalità e i tempi di trasferimento a scorta dei tessitori dalle assegnazioni fisse ed infine vennero fornite indicazioni sul sistema incentivante di paga del personale adibito a scorta allo scopo di garantire ad esso una retribuzione non inferiore a quella percepita nel posto di lavoro precedente, «raccomandando» una maggiorazione del cottimo nella misura sufficiente (2-3%) a compensare la perdita di resa che si verifica per il tessitore assegnato alla nuova posizione di lavoro. «Tuttavia, poiché il SC non è competente ad entrare nel merito del problema retributivo, la trattativa su questo particolare aspetto del trasferimento viene deferita alla CI» [14]
. Senonché, la CI concorderà una maggiorazione della percentuale di cottimo dei tessitori di scorta nella misura del 3% ed accetterà il criterio suggerito dal comitato per cui la scorta doveva essere costituita da personale esperto nel rispetto di determinate garanzie tecniche di addestramento.
Nel dicembre del 1962, il comitato dello stabilimento di V., seguito a breve distanza di tempo dagli altri comitati (dello stabilimento di R. e della sede) elabora, con particolare riferimento al problema delle sanzioni disciplinari, i criteri «di giustizia» e i principi generali a cui dovrà uniformarsi il regolamento interno. Al documento è espressamente assegnato un «valore di impegno programmatico» [15]
, ma è chiaro a tutti i partecipanti che esso offrirà «indicazioni concrete e precise per l’azione degli organismi operativi» (CI e direzione aziendale) [16]
, anche se poi tutti i partecipanti sentono il dovere di dichiarare che «affrontando tale materia, il SC toglie
{p. 96} spazio soltanto alla direzione» [17]
. Che questo sia davvero un «chiarimento fondamentale» è lecito dubitare, poiché la CI (o almeno un consistente settore di questa) non può non essere condizionata dal giudizio positivo di «coerenza rispetto ai criteri enunciati» emesso dal comitato in ordine al progetto di regolamento redatto dalla direzione del personale. Piuttosto, è la riaffermazione del primato del dialogo «consapevolmente disinteressato» (tra persone «autonome e responsabili») sulla contrattazione, dalla quale ci si può attendere, in quanto si pone «sul piano dei rapporti di forza», soltanto «soluzioni di compromesso», e quindi è una dichiarazione di sfiducia nelle possibilità effettive dei tradizionali modi di intendere ed esercitare gli strumenti d’azione operaia.
Note
[1] Verbale della riunione del SC della sede del 19 ottobre 1962.
[2] Verbale della riunione del SC dello stabilimento di R. del 13 luglio 1967.
[3] Verbale della riunione del CA del 9 marzo 1963.
[4] Verbale cit. alla nota precedente.
[5] Verbale della riunione del CA del 26 luglio 1963.
[6] Verbale della riunione del CA del 17 luglio 1962.
[7] Un esplicito cenno si trova nel verbale del SC della sede del 10 maggio 1963.
[8] In questi termini, si esprime il documento «La CM considerata sotto l’aspetto di sistema di suggerimenti» elaborato dalla segreteria della CM nel settembre 1964. In esso si legge: «Il singolo dipendente che avverte l’esistenza di un particolare problema (sia tecnico, che orga­nizzativo, che ambientale) che lo riguarda direttamente perché inte­ressa la propria attività lavorativa o indirettamente perché interessa la produttività e l’efficienza dell’azienda (dal cui andamento dipende il premio annuale commisurato alla produttività aziendale, nonché la possibilità di rivendicazioni sindacali a livello aziendale) può segnalarlo ad uno dei membri del comitato il quale si farà cura di portarlo in discussione, facendo ‒ se possibile ‒ presenti le possibili soluzioni. Qui il problema verrà affrontato alla presenza degli interessati e con l’eventuale ausilio di organi tecnici, e si arriverà ad una decisione moti­vata che la direzione fa propria e rende operativa».
[9] V. il documento, citato alla nota precedente, elaborato dalla segre­teria della CM nel settembre 1964.
[10] V. nota precedente.
[11] Verbale della riunione del SC dello stabilimento di R. del 22 settembre 1961.
[12] Ad esempio, «per evitare all’addetto all’oliatura inutili sposta­menti per rifornirsi di olio», si suggerisce di mettergli a disposizione «appositi carrelli a serbatoio» (verbale della riunione del SC dello stabilimento di R. dell’8 giugno 1967).
[13] Verbali delle riunioni del SC dello stabilimento di R. del 5 mag­gio 1964 e del SC dello stabilimento di V. del 27 aprile 1965.
[14] Verbale della riunione del 17 ottobre 1962 del SC dello stabi­limento di R.
[15] Verbale della riunione del 4 giugno 1963 del SC dello stabili­mento di V.
[16] Verbali del SC dello stabilimento di V. del 18 dicembre 1962 e del 4 giugno 1963.
[17] Verbale della riunione del SC dello stabilimento di V. del 18 dicembre 1962.