Il chierico, il medico, il santo
DOI: 10.1401/9788815412072/c4
Ridotta all’osso, d’ora in avanti – e
fino a una sua riabilitazione in ambito artistico, nell’Ottocento, e politico, nell’autunno
caldo del ’68 – all’immaginazione si imputerà la grave colpa di illudere. Riprendendo una
prospettiva già nota presso i filosofi antichi, nel Settecento essa fu contrapposta al
giudizio assennato. Prese piede, allora, una «nuova concezione dell’immaginazione
patologica, intesa come terreno fertile per l’entusiasmo, la superstizione e le meraviglie»
[20]
. Era la fantasia a illudere sull’esistenza di vampiri succhiasangue, di streghe
e megere, di lupi mannari che ululavano, malinconici, alla luna piena. Nel
Congresso notturno delle Lammie (1749) Girolamo Tartarotti
rubricava la stregoneria sotto le malattie dell’immaginazione, dove il patto tra i demoni e
la malefica, di là dall’essere reale, era ricondotto all’autosuggestione della donna o
all’impiego da parte della stessa di unguenti allucinatori. Un’interpretazione che potrebbe
farsi risalire, ancora una volta, e in tempi non sospetti, a Giambattista Della Porta. Nella
Magia naturale, quest’ultimo aveva pubblicato la ricetta del
lamiarum unguentum: una scelta editoriale che, a quanto pare, aveva
suscitato il disappunto di Jean Bodin o di chi per lui. Si aggiunga il caso del lupo mannaro
baltico, portato alla luce che non è molto da Carlo Ginzburg e Bruce Lincoln. Protagonista
era un contadino della Livonia, conosciuto col nome di «vecchio Thiess». Nell’ambito del suo
processo, svolto sul tramontare del Seicento (1691), le autorità si domandarono se la
convinzione del vecchio di trasformarsi in bestia non fosse solo «falsa immaginazione»
[21]
. Anche l’arcivescovo di
¶{p. 209}Trani, Giuseppe Davanzati,
nella sua Dissertazione sopra i vampiri – stampata postuma a Napoli nel
1774, ma già disponibile sotto forma di manoscritto attorno agli anni Trenta dello stesso
secolo – assegnava al fenomeno dei ritornanti «per unica causa [...] la sola fantasia». Lo
asseriva non senza preoccupazioni. Temeva, difatti, che una simile interpretazione – come la
ragione moderna, odisseica, presa ad oggetto in Dialettica
dell’illuminismo, tanto abbacinante da finire oscurata
[22]
– potesse ritorcersi contro quanto si intendesse difendere: la fede. «Se mai
questa [la fantasia] fosse la cagione di simili apparizioni, ne seguirebbe un grandissimo
assurdo, e sarebbe che si potrebbe ormai dirsi addio ai veri miracoli, sarebbero inutili i
processi delle canonizzazioni de’ santi, la sagra Rota su questa incumbenza si potrebbe
chiudere affatto, non si distinguerebbe più fra un vero miracolo ed uno apparente, ogni cosa
sarebbe dubia ed in confusione»
[23]
. Un rischio, correggeva Davanzati, da cui le autorità apostoliche ben si
guardavano, dimostrando la santità del candidato sulla base delle virtù eroiche, più che sui
miracoli – secondo lo slittamento proposto da Galasso, a cui si è fatto riferimento
[24]
.
Tutto questo contribuì a uno svilimento
delle possibilità della natura. Tanto che, «persino coloro che, come Ralph Cudworth
(1617-1688), Henry More (1614-1687) e Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716), ammettevano
nella ¶{p. 210}natura delle potenze plastiche o una vis insita, erano
attenti a descrivere la sua opera come una “fatica umile” e la sua intelligenza, per usare
le parole di Cudworth, come “una facoltà inferiore di una qualche anima cosciente, oppure un
genere inferiore di vita o anima per sé stessa, ma dipendente in modo essenziale da un
intelletto superiore”»
[25]
. Sodano traccia con lucidità quali furono le conseguenze che i fenomeni
culturali finora ripercorsi ebbero sul piano della fede: «la lotta che la Chiesa aveva
condotto contro le forze a lei concorrenti nel mondo del miracolo e delle guarigioni e, in
generale, nella manipolazione del soprannaturale, trovava, comunque, clamorosamente, un suo
epilogo non tanto nella azione repressiva inquisitoriale, che, peraltro, col mutare dei
tempi si ritrovava con armi sempre più spuntate, ma nel “matrimonio d’interesse” con quella
scienza, anch’essa combattuta nel corso dei secoli dell’età moderna»
[26]
. Così dovette essere se si intreccia quanto appena letto con il contesto
politico del tempo: in primis, con l’abolizione del Sant’Uffizio nel
Regno di Napoli (1746)
[27]
.
D’altra parte, la presente ricerca può
tentare un primo bilancio in merito a quelle che furono le conseguenze sul versante
medico-scientifico: per contraccolpo, all’assottigliamento delle possibilità della natura,
ne risultò un ingigantimento della sfera del sovrannaturale, tanto che il miracoloso arrivò
a insinuarsi nelle zone d’ombra della scienza del tempo. Così, soprattutto la medicina, per
quanto fosse riuscita a liberare un piede dal pantano dell’occulto, non poté evitare di
continuare a inciampare con l’altro in quello della religione.
Note
[20] L. Daston e K. Park, Le meraviglie del mondo, cit., p. 292.
[21] C. Ginzburg e B. Lincoln, Il vecchio Thiess. Un lupo mannaro baltico tra caso e comparazione, Roma, Officina Libraria, 2022, p. 34 (ed. or. Old Thiess, a Livonian Werewolf: A Classic Case in Comparative Perspective, Chicago, The University of Chicago Press, 2020). Cfr. inoltre B.C. Southgate, The Power of Imagination, cit., pp. 283-284.
[22] M. Horkheimer e T.W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Torino, Einaudi, 1966 (ed. or. Dialektik der Aufklärung, Amsterdam, Querido, 1947).
[23] G. Davanzati, Dissertazione sopra i vampiri, Napoli, Presso i Fratelli Raimondi, 1774, p. 194. Per una ricostruzione ben documentata del fenomeno, cfr. il recentissimo F.P. de Ceglia, Vampyr. Storia naturale della resurrezione, Torino, Einaudi, 2023 e N. Groom, Vampiri. Una nuova storia, Milano, Il Saggiatore, 2019 (ed. or. The Vampire: A New History, New Haven-London, Yale University Press, 2018).
[24] G. Davanzati, Dissertazione sopra i vampiri, cit., p. 196; G. Galasso, L’altra Europa, cit., pp. 73-75.
[25] L. Daston e K. Park, Le meraviglie del mondo, cit., p. 253.
[26] G. Sodano, Il miracolo nel Mezzogiorno d’Italia, cit., p. 280.
[27] P. Palmieri, Il lento tramonto del Sant’Uffizio. La giustizia ecclesiastica nel Regno di Napoli durante il secolo XVIII, in «Rivista Storica Italiana», 123, 1 (2011), pp. 26-70.