Stefano Daniele
Il chierico, il medico, il santo
DOI: 10.1401/9788815412072/c3
Non sorprenderebbe scoprire che fossero state proprio simili sostanze a corrodere la membrana gastrica del gio
{p. 184}vane. Parimenti, non andrebbe sottovalutata l’eventualità che a compromettere la salute del caracciolino fosse stata un’infezione batterica da tossina botulinica. Un batterio che, spesso, germina nelle uova; e queste erano uno degli alimenti in uso nella dieta dei frati della Pietrasanta. Un «libro di spesa quotidiano dello ospitio del mese di gennaio 1751» e un altro «libro di spese di vitto quotidiano della clausura del mese di aprile 1751», rinvenuti nello stesso fondo, attestano che l’acquisto di «ova» da parte dell’ordine fosse pressoché giornaliero [180]
. Si ricordi, inoltre, che la sera dell’8 agosto 1752, in refettorio, prima di erompere nel vomito sanguinolento, Carlo consumava proprio un uovo [181]
. Ad ogni modo, va segnalato che ambedue i casi – gastropatia o intossicazione – prevedono prognosi non infauste (a differenza del caso del tumore esofageo). Non è da escludere, dunque, che l’ulcera fosse transitoria e che, assieme all’improvviso arresto del vomito cruento, essa potesse essere rientrata grazie alla ferrea dieta che il medico prescrisse all’ammalato. Pane e acqua. Una digestione continuata, all’inverso, avrebbe ricreato i succhi gastrici e ravvivato il sanguinamento.
Ci si scontra con l’impossibilità di tentare una diagnosi della malattia alla luce dei paradigmi della scienza medica attuale. Da un lato, perché la medicina settecentesca si basava su un modello epistemologico differente e impiegava categorie e nomenclature difformi rispetto a quelle in uso nella scienza contemporanea. Con la conseguenza che una perizia svolta oggigiorno e che volesse basarsi sulla sola documentazione prodotta nel XVIII secolo, deterrebbe inevitabilmente un indice di errore non trascurabile. Inoltre, una simile ricerca distrarrebbe dai propositi che la presente indagine si propone di perseguire: individuare ed esplicitare la mappa e il funzionamento degli schemi mentali propri al periodo storico e all’area geografico-culturale in esame.{p. 185}
Prima che Francesco Redi decidesse di incapsulare ritagli di carne sotto campane di vetro, e altri ne esponesse all’aria aperta [182]
; che Antonio Vallisneri conducesse i suoi studi sulla generazione degli insetti e dimostrasse l’origine di questi ultimi dalle uova, falsificando in definitiva la teoria della generazione spontanea [183]
; ancor prima che Robert Koch e Louis Pasteur si contendessero la paternità della microbiologia e della scienza batteriologica, l’idea di malattia infettiva e quella di cura antibiotica erano inimmaginabili [184]
. Come, a tal proposito, afferma il medico e storico tedesco Karl-Heinz Leven: «si può essere certi che la tubercolosi sia stata causata dai batteri prima che Robert Koch ne dimostrasse l’esistenza e la loro incidenza causale nel 1882. Tuttavia, nella prospettiva della storia della medicina, la questione non è importante, se questo specifico batterio fosse presente o meno nelle epoche precedenti alla microbiologia» [185]
. E ciò perché, continua lo storico, «le malattie nella storia della medicina non si presentano come entità biologiche, esistenti indipendentemente dal ricercatore, ma al contrario sono plasmate da questo, ciascuno secondo il suo posto nel tempo e nella cultura» [186]
. Una dichiarazione che potrebbe apparire fin troppo forte o, al più, eccessivamente debolista. Che presupporrebbe essere la narrazione della realtà a informare quest’ultima piuttosto che la stessa a dettare la forma noetico-linguistica più appropriata a esprimerla.
Senza andare troppo oltre, sembra che il medico tedesco tenti di invogliare gli storici della scienza a volgere lo {p. 186}sguardo, innanzitutto, alle strutture concettuali e linguistiche che informano il racconto della malattia e della guarigione in un determinato periodo storico e in una precisa area geografica; ciò, non senza lasciare intendere la promessa che la dimensione sostanziale del morbo, in prima battuta accantonata, verrebbe infine riguadagnata. La sfida più ardua consisterebbe nel riuscire a destreggiarsi tra i due piani, oggettivo e soggettivo, relativo e assoluto, facendo attenzione a non precipitare, in maniera incosciente, nell’una o nell’altra griglia prospettica. Per riuscirci, ribadiva Mirko Grmek in apertura all’edizione inglese del suo studio sulle epidemie antiche, bisognerebbe forse «liber[arsi] quanto più possibile dalla nozione ontologica di malattia incorporata nel nostro linguaggio quotidiano» [187]
.
In ultima istanza, comprendere da quale malattia Carlo fosse tormentato e se essa fosse effettivamente mortale metterebbe, altresì, nelle presunte condizioni di falsificare il miracolo. Tuttavia, il ruolo a cui si è chiamati non è quello dell’avvocato del diavolo, così come il tentativo che si vuol fare è piuttosto quello di ricostruire la mentalità di un’epoca attraverso l’analisi di un evento storico. In altre parole, ponendosi nell’ottica del tempo e chiedendosi: quali conclusioni potrebbero trarsi dall’esame di un fenomeno che in un determinato momento e in una precisa area geografico-culturale si riteneva funzionasse in un modo piuttosto che in un altro? Non si intende, quindi, ricercare e attribuire un’etichetta, che sia ultimativa e universale, alla malattia del giovane – se mai quest’ultima, come ricordato da Grmek, possa essere mai indagata in sé, nella propria durezza ontologica.{p. 187}

6. Gli esami non finiscono mai

Tra i tanti punti delle animadversiones, il promotore della fede insistette su uno: che fosse prematuro dichiarare irreversibile la guarigione di Carlo. Possibile, stando a quanto sospettava sulla base delle deposizioni dei testimoni e delle conferme trovate nelle pagine della tradizione medica, che il male avrebbe potuto ripresentarsi in futuro. Anche a distanza di dieci anni dall’accaduto [188]
.
La Positio super dubio fu pubblicata nel 1761, lo stesso anno in cui ebbe conclusione un nuovo processo. Romano. E, per la seconda volta nella sua vita, Carlo de Vivis vi prese parte in qualità di teste. L’occasione tornava a genio per chiedergli se avesse patito una ricaduta nella malattia.
Si presentò al cospetto delle autorità il 16 settembre [189]
. Ad attenderlo, il padre Giuseppe Vasco, da oltre un anno procuratore generale della religione dei caracciolini (eiusdem Religionis Procuratore Generali) e postulatore della causa (Postulatore Specialiter Deputato) [190]
; e Gaetano Forti, originario di Pescia, in Toscana, coadiutore del decano Niccolò Maria de’ Vecchi, avvocato fiscale del concistoro (Sacrae Concistorialis Aulae Advocatus) e promotore della fede (Sanctae Fidei Promotore) [191]
. I due erano schierati dinanzi all’altare, nella {p. 188}cappella dedicata a San Giovanni Nepomuceno, la terza ad aprirsi sulla navata sinistra della Chiesa di San Lorenzo in Lucina [192]
. «La volta, i lati ed i pilastri furono dipinti da Speranza» [193]
. In essi si ripercorreva la vita del «santo del Silenzio: affogato nella gelida Moldova per non aver voluto tradire il segreto confessionale» [194]
. Di Placido Costanzi era la pala d’altare, di un «finissimo pennello rococò», sulla quale erano raffigurati il martire con la Madonna e san Michele (1737) e, dinanzi alla quale, quel giorno, i giudici erano schierati [195]
.
Era qui, nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, che Carlo era tornato «alli due d’aprile in circa del medemo anno millesettecento cinquantatré» [196]
; dopo che, risanato, se ne era partito dalla città partenopea «col padre provinciale di Napoli, e altri padri locali», in data «ventinove marzo millesettecento cinquantatré» [197]
. Subito dopo la sua
{p. 189}comparizione al processo napoletano super miraculis che lo vide protagonista – come ricorderà l’anno dopo, nel 1762, dinanzi ad altri giudici [198]
.
Note
[180] Dello stesso tipo, si contano 7 fascicoletti con coperta in cartapesta e contenenti voci di spesa, rispettivamente uno per l’anno 1746, tre per il 1747, uno per il 1748 e due per l’anno 1751.
[181] AAV, Cause dei Santi, Processus 1895, f. 47r.
[182] P. Findlen, Controlling the Experiment: Rhetoric, Court Patronage and the Experimental Method of Francesco Redi (1626-1697), in «History of Science», 31 (1993), pp. 35-64.
[183] D. Generali, Antonio Vallisneri: gli anni della formazione e le prime ricerche, Firenze, Olschki, 2007.
[184] G.L. Geison, The Private Science of Louis Pasteur, Princeton, NJ, Princeton University Press, 1995.
[185] K.H. Leven, «At Times These Ancient Facts Seem to Lie before Me Like a Patient on a Hospital Bed». Retrospective Diagnosis and Ancient Medical History, in H.F.J. Horstmanshoff e M. Stol (a cura di), Magic and Rationality in Ancient Near Eastern and Graeco-Roman Medicine, Leiden-Boston, Brill, 2004, pp. 369-386, in particolare pp. 383-384.
[186] Ivi, p. 383.
[187] M.D. Grmek, Diseases in the Ancient Greek World, Baltimore-London, Johns Hopkins University Press, 1989, p. I. L’edizione francese del 1983 collocava il concetto alla terza pagina dell’introduzione. Ciò dimostra la crescente importanza che la tesi assunse per l’autore. Cfr. K.H. Leven, «At Times These Ancient Facts Seem to Lie before Me Like a Patient on a Hospital Bed», cit., p. 384.
[188] Animadversiones, in PSD, nr. 41, p. 15.
[189] AAV, Cause dei Santi, Processus 1896, f. 77r.
[190] Ivi, f. 75r. Nelle Notizie per l’anno 1759..., In Roma, Nella Stamperia del Chracas presso S. Marco al Corso, 1759, p. 89 è riportato con la nomina di «assistente generale spagnuolo». In Diario Ordinario num. 6528, in data delli 12 maggio 1759, In Roma, Nella Stamperia del Chracas presso S. Marco al Corso, 1759, pp. 5-6, in data 12 maggio, si attesta «avendo li reverendi padri Chierici Regolari Minori, tenuto il Capitolo Generale in questa loro casa di San Lorenzo in Lucina, giovedì della passata [scorsa ricorrenza dell’Invenzione della Santissima Croce] Tomacelli Vescovo di Marsiconuovo, nominato presidente in sua vece dall’Eminenza Sua, confermarono preposito generale il reverendissimo P.M. Giuseppe Esquivel Spagnuolo, ed elessero nuovo procuratore generale il M.R.P. Giuseppe Vasco, già assistente generale di Spagna, e consultore della Sagra Congregazione dell’Indice».
[191] AAV, Cause dei Santi, Processus 1896, f. 75r. Notizie per l’anno bisestile 1760..., In Roma, Nella Stamperia del Chracas presso S. Marco al Corso, 1760, p. 46. Cfr., inoltre, B. Tanucci, Epistolario. IX (1760-1761), a cura di M.G. Maiorini, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1985, p. 9, n. 5. Forti fu nominato promotore della fede da Clemente XIII (Rezzonico) il 24 settembre 1759, pur rimanendo avvocato fiscale; le due cariche divennero inconciliabili con la bolla Inter conspicuos di Benedetto XIV «che ne ordinò per sempre la separazione» (1744). Cfr. B. Gasparoni, Il Buonarroti. Scritti sopra le arti e le lettere di Benvenuto Gasparoni continuati per cura di Enrico Narducci, vol. VIII, Roma, Tipografia delle Scienze Matematiche e Fisiche, 1873, p. 241. Cfr. più in generale i Cenni biografici (ivi, pp. 229-241), e «l’iscrizione incisa nella lapide apposta al sepolcro di monsignor Gaetano Forti nella chiesa nazionale di San Giovanni dei Fiorentini in Roma», qui stampata (ivi, p. 241). Destinato da Pio VI al cardinalato «non lo potè conseguire a causa della sua morte intervenuta quasi al momento della nomina», G. Savini, Prose e poesie di Guido Savini patrizio senese e primo provveditore della Regia Università di Siena raccolte dopo la sua morte, Siena, Nella stamperia della comunità ed arcivescovile per Francesco Rossi e figlio, 1800, p. VIII, n. 3.
[192] R. Venuti, Accurata e succinta descrizione topografica e istorica di Roma moderna... opera postuma dell’Abate Rudolfino Venuti Cortonese..., 2 voll., vol. I, In Roma, Presso Carlo Barbiellini, 1766, p. 147.
[193] Ibidem.
[194] R. Giorgi, Pittura e fede nel ’700, in G.S. Ghia, F. Kappler et al. (a cura di), I Papi della memoria, Roma, Gangemi, 2012, pp. 78-86, in particolare p. 86.
[195] Ibidem.
[196] AAV, Cause dei Santi, Processus 1896, f. 80v.
[197] AAV, Cause dei Santi, Processus 1898, f. 58v.
[198] Ibidem.