Il chierico, il medico, il santo
DOI: 10.1401/9788815412072/c3
Risolveva: «dobbiamo respingere
quell’ipotesi con la quale il promotore cerca di convincerci che l’infermo Carlo,
infiammato dalle forze dell’immaginazione, fosse sicuro di essere guarito
praeter naturae modum»
[164]
. A differenza di quanto Bacchetti sosteneva, però, quest’ultima espressione
pare assente nelle animadversiones. Tuttavia, il fatto che fosse
stata tirata in ballo non è cosa trascurabile, considerata la lunga e complessa storia
del termine e le distintive
¶{p. 179}implicazioni onto-epistemologiche
che esso presuppone. Tutto quello che accade «in modo straordinario (rispetto
all’ordinario corso della natura) anche se non meno naturalmente», tentò di definirlo il
severo Meric Casaubon (1599-1671) in un suo trattato contro l’entusiasmo
[165]
. Dove per «ordinario corso della natura» si intendeva perlopiù «la filosofia
naturale delle regolarità aristoteliche»
[166]
. Erano questi i limiti che i filosofi preternaturali intendevano sospingere.
«L’apparizione di tre soli nel cielo, la nascita di gemelli siamesi, il pesce minuscolo
in grado di fermare una barca in mare aperto, l’antipatia tra la pecora e il lupo, le
figure di sfondo nel marmo fiorentino, le proprietà occulte di certi animali, piante, e
minerali, le specie esotiche come i coccodrilli e gli uccelli del paradiso, le piogge di
grano e sangue, il potere dell’immaginazione di imprimere la materia», ecco un elenco,
estendibile all’infinito, collezionato dalla storica Lorraine Daston
[167]
. Tutti fenomeni che, da un lato, «suscitavano meraviglia perché il loro modo
di operare era imperscrutabile alla percezione»; dall’altro semplicemente perché rari
[168]
. Ma non si trattava solo di collezionare animali, piante e oggetti dalla
forma, dal colore e dalle proprietà più o meno magiche
[169]
. Oltre ad «ampliare grandemente il dominio dei fenomeni che richiedevano una
spiegazione filosofica», continuava la studiosa, «la filosofia preternaturale moltiplicò
la gamma delle spiegazioni [...] introducendo nuovi tipi di cause – le influenze
astrali, le virtù plastiche, l’immaginazione, le simpatie e le antipatie – per
incontrare la sfida dei suoi nuovi explananda»
[170]
.¶{p. 180}
Detto questo, chi assicura che il
termine praeternatura, nel testo di Bacchetti, non rappresenti la
spia di un’intenzione nascosta? Di un gesto rimosso? E se così fosse, potrebbe svelare
qualcosa in più dell’orizzonte di pensiero del perito? Se davvero questi riteneva che
l’immaginazione afferisse all’ambito preternaturale, ne conseguirebbe che, per lo
stesso, la natura avrebbe potuto comprendere solo fenomeni fisico-meccanici – nel caso
specifico, la guarigione attraverso azione farmacologica e le crisi indotte o spontanee;
oltre a ciò: l’onnipotenza del sovrannaturale. Si è avuto modo di vedere, però, che il
medico non rinnegava i poteri dell’immaginazione. Tutt’altro. Egli, allora, non avrebbe
potuto che collocarli, in via schematica, in una fascia intermedia, tra natura e
sovrannatura: la praeternatura, appunto. Una dimensione del reale
in grado di ospitare fenomeni che sconfinano le leggi naturali, fisico-meccaniche, ma
non al punto da eguagliare per statuto e possibilità i miracoli. Nonostante «la
filosofia preternaturale andò disintegrandosi alla fine del XVI secolo», il modello
filosofico del medico, almeno in via approssimativa, doveva avvicinarsi più a quello
vigente nella prima modernità, che allo schema proposto da un Vincenzo de Iorio, medico
curante di Carlo
[171]
. Infatti, almeno sul piano categoriale, per quest’ultimo
l’imaginativa afferiva all’ambito del naturale; di più, essa
rappresentava il confine ultimo oltre il quale si estendeva il sovrannaturale. Dal canto
suo, il modello del medico napoletano pagava il debito – come dichiarato apertamente –
al naturalismo dell’«autorevolissimo» Giambattista Della Porta, per cui persino la magia
(ossia l’arte di conoscere e operare mediante le qualità occulte) atteneva alla sfera
del naturale, più che a quella del preternaturale o del miracoloso.
Come che fosse, su un punto
Bacchetti era irremovibile. Chiudeva la perizia giurando: «quando le cose stanno così,
non abbiamo esitato a confermare per giuramento che l’improvvisa guarigione di Carlo da
una tale malattia fu un vero miracolo (Miraculo adjicienda sit),
compiuto da Dio ¶{p. 181}Onnipotente, per intervento di Francesco, del
quale aveva già fervidamente implorato l’aiuto»
[172]
.
5. Fine di partita
Due contro uno. Il medico ordinario
e quello apostolico sostenevano che la malattia che aggredì Carlo risiedesse nei
polmoni. Data la prognosi nefasta, per i medici l’immaginazione era da considerarsi
fuori gioco: mai avrebbe potuto rimarginare i vasi recisi, né ricomporre e ripulire la
materia putrefatta. D’altronde, se si era disposti ad ammettere che la fantasia potesse
agire solo e soltanto per accidens, vale a dire sobillando gli
spiriti che si pensava transitassero nel sangue e lungo i nervi, come questi corpuscoli
spirituali avrebbero potuto imprimere un mutamento lì dove le fibre e i vasi fossero
recisi? Impossibile, commentavano i dottori, ponendosi a seguito di una lunga
tradizione. All’altro capo dell’arena, il promotore della fede sospettava che ad
attanagliare la salute del giovane e a stimolarne il sanguinamento fosse, invece,
un’ulcera gastrointestinale. Lo inferiva sulla base dei sintomi comunicati durante
l’inchiesta e trovando conferma in lingue di testo strappate alle opere delle maggiori
autorità in materia. Un fluido ematico, scuro e maleodorante, come quello versato per
bocca e per secesso da Carlo, suggeriva che l’origine del morbo fosse da ricercarsi
nello stomaco più che nella zona polmonare. Date simili premesse, deduceva l’avvocato
del diavolo, diveniva possibile ammettere che l’immaginazione del fraticello – la sua
fiducia nelle doti taumaturgiche del caracciolino e la veemente speranza di poter
beneficiare di queste – avesse contribuito ad affrancarlo dal male in modo naturale,
inducendo nel malato una crisi liberatoria.
A distanza di secoli è difficile
pronunciarsi su quale delle due diagnosi fosse quella corretta e quale quella sbagliata.
Tuttavia, si potrebbero avanzare alcune ipotesi in tal proposito, senza alcuna pretesa
veritativa. Dallo studio ¶{p. 182}delle fonti condotto da un esperto
pneumologo, a cui ci si è rivolti per un consulto specialistico sul caso in esame, è
emersa l’eventualità che il promotore della fede non fosse del tutto in errore quando
escludeva che la malattia di Carlo de Vivis fosse da ricondursi a emottisi polmonare
[173]
. Tale patologia, infatti, è causata dalla rottura di alcune arterie
polmonari o, al più, dalla lesione dei capillari bronchiali. Ne consegue una copiosa
fuoriuscita di sangue per via orale. Sangue di colore rubicondo e dall’odore ferroso,
data la natura arteriosa del fluido.
Il liquido ematico rimesso da Carlo,
al contrario, era descritto dal medico curante «di color nero aggrumato» e ricordato da
quest’ultimo, dal giovane e dai fratelli caracciolini, all’unanimità, come tremendamente maleodorante
[174]
. A più riprese, infatti, le deposizioni insistevano sul fatto che il fetore
nella stanza del dissanguato fosse insopportabile, tanto che i presenti portavano al
naso caraffe di aceto e acquavite per contrastarne l’odore graveolente; nonché, uno dei
frati ivi accorso a soccorrere il giovane, avendo commerciato con quelle escrezioni
sanguigne – si impegnò a spazzarle via dal pavimento – avesse addirittura perso i sensi
[175]
.
Non solo: tracce di sangue furono
sorprese tra le feci, nel pitale
[176]
. Gli indizi – il colore, l’odore, la collocazione – indurrebbero a pensare
che si trattasse di sangue digerito, frammisto a succhi gastrici. Se così fosse, esso
non avrebbe potuto originarsi che nello stomaco, per poi essere espulso a monte e a
valle delle vie digeste. Se così fosse, non si può ¶{p. 183}escludere
che anche i filamenti bianchi («sfilacci bianchi»), che Carlo rigettava assieme al
sangue, provenissero dallo stomaco: più che materia polmonare, come si volle pensare, è
possibile fossero porzioni di mucosa gastrica disgregata
[177]
.
Se ne potrebbe concludere che, in
luogo di un’emottisi polmonare, Carlo soffrisse di ematemesi, una lesione alla parte
superiore dello stomaco con conseguente emorragia che induce vomito caffeano, una
sostanza bruna e maleodorante, composta da una mistura di sangue e succo gastrico
[178]
.
Difficile, se non impossibile,
d’altro canto, è indovinare quale fosse la causa dell’ulcerazione. Varie potrebbero
essere, ad oggi, le ipotesi: dalla gastropatia da materiale irritante a un’infezione
gastrointestinale, causata da una tossina botulinica, a un tumore esofageo.
Relativamente alle prime due cause, alcuni indizi si potrebbero rinvenire nella
documentazione reperita. Si sa dalle deposizioni che, durante i primi due anni di
malattia, il medico curante avesse somministrato all’ammalato un nutrito campionario di
farmaci a base metallica e minerale, al fine di contrastare la tosse, i muchi e il
dolore al petto che, in una prima fase, sorpresero Carlo. Lo confermerebbe, inoltre, un
«Libro ove si notano li medicamenti si prendono dalla speziaria del signor D. Domenico
Guarini a servizio de Religiosi della casa di Santa Maria Maggiore de Chierici Regolari
Minori di Napoli, cominciato il primo 1750», rinvenuto presso il fondo
Corporazioni religiose soppresse dell’Archivio di Stato di
Napoli. Qui, negli anni 1750-1752, il nome di Carlo de Vivis si conta circa 17 volte
[179]
– a conferma della recidività della malattia – e a esso sono associate, tra
le altre, sostanze medicamentose erosive, come le corna di cervo, o di lince, e il
corallo.
Non sorprenderebbe scoprire che
fossero state proprio simili sostanze a corrodere la membrana gastrica del
gio
¶{p. 184}vane. Parimenti, non andrebbe sottovalutata l’eventualità
che a compromettere la salute del caracciolino fosse stata un’infezione batterica da
tossina botulinica. Un batterio che, spesso, germina nelle uova; e queste erano uno
degli alimenti in uso nella dieta dei frati della Pietrasanta. Un «libro di spesa
quotidiano dello ospitio del mese di gennaio 1751» e un altro «libro di spese di vitto
quotidiano della clausura del mese di aprile 1751», rinvenuti nello stesso fondo,
attestano che l’acquisto di «ova» da parte dell’ordine fosse pressoché giornaliero
[180]
. Si ricordi, inoltre, che la sera dell’8 agosto 1752, in refettorio, prima
di erompere nel vomito sanguinolento, Carlo consumava proprio un uovo
[181]
. Ad ogni modo, va segnalato che ambedue i casi – gastropatia o
intossicazione – prevedono prognosi non infauste (a differenza del caso del tumore
esofageo). Non è da escludere, dunque, che l’ulcera fosse transitoria e che, assieme
all’improvviso arresto del vomito cruento, essa potesse essere rientrata grazie alla
ferrea dieta che il medico prescrisse all’ammalato. Pane e acqua. Una digestione
continuata, all’inverso, avrebbe ricreato i succhi gastrici e ravvivato il
sanguinamento.
Note
[164] Ivi, nr. 243, p. 52.
[165] M. Casaubon, A Treatise Concerning Enthusiasme, London, Printed by R.D., 1655, p. 41.
[166] L. Daston, Preternatural Philosophy, cit., p. 20.
[167] Ivi, p. 17.
[168] Ivi, pp. 21-22.
[169] Sul collezionismo e la moda delle Wunderkammern nell’Italia della prima età moderna, fenomeni connessi al concetto di preternaturale, cfr. P. Findlen, Possessing Nature. Museums, Collecting, and Scientific Culture in Early Modern Italy, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1994.
[170] L. Daston, Preternatural Philosophy, cit., pp. 17-18.
[171] Ivi, p. 36.
[172] Dissertationes medico-physicae, in PSD, nr. 246, p. 54.
[173] Si ringrazia il dott. Pierluigi Intiglietta, pneumologo presso il Policlinico di Bari, per il consulto emesso in data 20 maggio 2022.
[174] AAV, Cause dei Santi, Processus 1895, f. 48r. Fa eccezione la deposizione di Filippo Maria Ruoti, il quale si dichiarava «privo di odorato» (ivi, ff. 112v-113r). Per un approfondimento cfr. S. Daniele, L’occhio e il naso. Due paradigmi a confronto in un miracolo napoletano di metà Settecento, in C. Addabbo, E. Canadelli et al. (a cura di), Ad limina. Frontiere e contaminazioni transdisciplinari nella storia delle scienze. Atti del Convegno nazionale della Società Italiana di Storia della Scienza. Catania, 30 maggio-1 giugno 2022, Milano, Editrice Bibliografica, 2023, pp. 147-157.
[175] AAV, Cause dei Santi, Processus 1895, f. 101r.
[176] Ivi, f. 48v.
[177] Ivi, f. 48r e f. 103r.
[178] S.v. Ematemesi, in G. Sesti, C. Borghi, C. D’Andria et al. (a cura di), Manuale di semeiotica medica. Il metodo clinico passo dopo passo, Milano, Edra, 2022.
[179] ASN, Corporazioni religiose soppresse, S. Maria Maggiore, 3877, ff. 5v, 6v, 7r, 8r, 8v, 9r, 13r, 25r, 26r, 30v, 34v, 35r (2 attestazioni), 35v (3 attestazioni), 36r.
[180] Dello stesso tipo, si contano 7 fascicoletti con coperta in cartapesta e contenenti voci di spesa, rispettivamente uno per l’anno 1746, tre per il 1747, uno per il 1748 e due per l’anno 1751.
[181] AAV, Cause dei Santi, Processus 1895, f. 47r.