Umberto Romagnoli
Contrattazione e partecipazione
DOI: 10.1401/9788815374950/c14
Cionondimeno, occorre riconoscere che l’operato della segreteria ‒ comunque lo si voglia giudicare ‒ non è difforme dalle previsioni contrattuali e statutarie. Infatti,{p. 133} se l’art. 14 dello statuto del 26 giugno 1963 stabilisce che spetta alla segreteria, inter alia, «mantenere sistematici contatti con gli organi sindacali», più risolutamente l’accordo 20 dicembre 1965 attribuirà alla stessa ‒ in quanto «centrale di collegamento rapido e permanente tra direzione, sindacati, comitati, Cl e SAS» ‒ «funzioni più ampie di quelle istituzionali, che si pongono “a monte” e a latere delle attività strettamente consultive» per assecondare «tutte le autonome esigenze» dei sindacati «connesse al rafforzamento di una qualificata presenza sindacale in azienda»: «condizione riconosciuta necessaria per lo sviluppo della CM». Questo indubbio «potenziamento qualitativo» della segreteria, che è uno degli obiettivi essenziali a cui mira espressamente il citato accordo del 1965, si inserisce in un quadro di accentuate tendenze alla sindacalizzazione delle maestranze che, l’anno precedente, avevano raggiunto un provvisorio, ma significativo, assestamento attraverso la costituzione de facto di SAS da parte della CISL. Praticamente, è il primo atto dell’escalation del sindacato alla CM. Si comincia con lo incidere sulle strutture («del direttivo delle SAS fanno parte di diritto i membri di Cl e del comitato di CM iscritti alla CISL»: art. 3 del regolamento della SAS) per precostituire le condizioni operative (i membri CISL dei comitati consultivi operano in conformità delle direttive del sindacato per il tramite della SAS: art. 8 del regolamento) di una nuova strategia sindacale nell’àmbito della CM che si propone di assicurare una cerniera tra le politiche del sindacato a livello d’impresa e quelle del sindacato a livello di categoria, tra i problemi dell’azienda e quelli della società. Infatti, «compito particolare» della SAS è quello di determinare l’indirizzo dell’azione dei rappresentanti che operano all’interno dei comitati di CM in stretto coordinamento con l’azione del sindacato nel quale la SAS è politicamente integrata (art. 7, lett. e, del regolamento). Senonché, la «preparazione delle piattaforme rivendicative» è, anch’essa, «compito particolare» della SAS (art. 7, lett. d, del regolamento): un compito che richiede
{p. 134} una sempre maggiore «conoscenza della situazione aziendale» (art. 7, lett. d, del regolamento). Orbene, la «funzione di servizio di raccolta, documentazione e diffusione dei dati e informazioni aziendali» è tipicamente una funzione della segreteria per l’appunto costituita, a norma dell’accordo 20 dicembre 1965, in «centrale di collegamento rapido e permanente tra direzione, sindacati, comitati, Cl e SAS» le quali vengono in tal modo (cioè, indirettamente) riconosciute dalla direzione. Un esponente della CISL affermerà, infatti, che le «funzioni della segreteria di assistenza e di consulenza per le rappresentanze sindacali costituiscono un apporto equilibratore e di stimolo di fronte all’inadeguata conoscenza della realtà aziendale da parte dei sindacati» ‒ di tutti i sindacati ‒ nonché di fronte alla «impreparazione delle rappresentanze del personale a discutere con la direzione» [11]
. Pertanto, poiché la segreteria finisce con l’esercitare, anziché un ruolo di mediazione, un «ruolo di fiduciaria» dei sindacati, si proporrà di «riesaminare e riformulare con estrema precisione» le clausole dell’accordo del 1965 che attengono all’attività della segreteria nei rapporti con i sindacati [12]
. Questa proposta di revisione contrattuale ‒ avanzata, et pour cause, dalla direzione del personale della Bassetti ‒ conferma l’ambiguità della posizione mediana (rispetto alle esigenze e agli interessi delle parti) nella quale si è inteso collocare la segreteria, ma soprattutto rivela che il compromesso raggiunto nel dicembre 1965 era soltanto apparente. A distanza di alcuni mesi, infatti, si contesterà (come s’è veduto poc’anzi) che la segreteria abbia ottenuto legittimazione per il tipo di azione di fatto esplicata. Dopotutto, non può essere diversa la reazione di una direzione aziendale che ‒ almeno finché la segreteria continuerà a manifestare serie «difficoltà ad inserirsi utilmente nella logica direzionale» [13]
‒ «si sente toccata nello svolgimento del suo “mestiere” quotidiano»: di una direzione la cui «rilut{p. 135}tanza ad anticipare informazioni ed accettare condizionamenti» è consensualmente annoverata tra le «difficoltà permanenti» all’attuazione di una politica di consultazione e partecipazione [14]
e, perciò, in qualche modo coonestata dalla controparte. In altri termini, si ammette che i sindacati debbano assolvere l’istituzionale funzione di tutela e di contestazione, ma non si ammette ‒ per non indebolire la posizione contrattuale della direzione ‒ che l’àmbito delle «conoscenze dirette» della situazione aziendale «di cui in una certa misura mancano» venga esteso da un organismo che all’interno dell’azienda gode di ampie libertà di azione [15]
.
A ben vedere, questa è la più sicura testimonianza della necessità, per i gruppi dirigenti, di conservare il monopolio di competenze «specialistiche» su cui fondano il loro potere: dove è fallita la CM senza il sindacato, potrebbe riuscire la CM con il sindacato. Per quanto ragionevole, l’energico richiamo alle origini della CM ‒ «è necessario fare della formazione, perché le parti abbiano uguale coscienza di quel che si va discutendo» [16]
‒ si converte ora in un freno allo sviluppo della stessa CM poiché, se quel «traguardo» non è stato raggiunto [17]
(se, cioè, i lavoratori non sanno dialogare alla pari con la direzione), l’attività consultiva a livello dei comitati appare giustificatamente secondaria rispetto all’impegno formativo. A questo, e soltanto a questo, deve dedicarsi la segreteria, siccome depositaria dei valori della CM.
In effetti, si può convenire che l’azione formativa sia stata carente o, almeno, insoddisfacente [18]
. Senonché, non bisogna trascurare il formidabile limite d’efficacia di qualsiasi programma di formazione che è rappresentato da un basso livello di scolarità [19]
, dalla sudditanza psicologica dei lavoratori («si può elevarne l’emancipa{p. 136}zione partendo dal basso, non si può farla scendere dall’alto») [20]
, dalla stessa organizzazione dei rapporti sociali e di produzione cospirante ad imporre e radicare l’idea che si debba credere alla democrazia fuori dell’azienda, ma rifiutarla all’interno di essa. In queste condizioni, subordinare l’azione consultiva all’interno dei comitati ai risultati (positivi) di un’azione formativa dei lavoratori significa rinviare ad una data imprecisabile l’esame congiunto di «temi più impegnativi». Per contro, praticare il c.d. metodo della «formazione attraverso l’azione» («il dialogo per se stesso è ‒ almeno indirettamente ‒ un fatto formativo» [21]
; anzi, sotto questo punto di vista, «una discussione di comitato è molto più formativa e stimolante di qualsiasi corso»: quindi, «occorre potenziare il lavoro dei comitati» [22]
) se può apparire una «fuga in avanti», è però l’unico modo per intaccare l’alibi della direzione, «che in definitiva sopporta più che non promuovere l’attività di CM» [23]
a ritirare l’impegno di «fornire le informazioni indispensabili per alimentare fatti consultivi e consentire la discussione su tale materia» [24]
.
Se l’insofferenza della direzione alla surrettizia funzione precontrattuale esercitata dai comitati di CM si giustificava, in passato, sulla base di un empirico giudizio di economicità [25]
, la nuova collocazione che la CM va gradualmente assumendo in un più organico quadro di politica sindacale a livello d’azienda, qual è quello delineato nell’accordo del 20 dicembre 1965, l’ha trasformata in una opposizione di carattere spiccatamente politico. Infatti, una volta superata l’equivoca distinzione tra attività contestativa e quella consultiva «riconoscendo» e «rispettando» la «natura sindacale e contrattuale del fatto consultivo» [26]
, per il tramite dell’attività intrapresa dalla{p. 137} segreteria si assiste non solo ad un «rilancio» della CM, proprio quando la già segnalata tendenza ad emarginarla sembra prevalere, ma anche ad un «rilancio» del potere sindacale. Più esattamente, il rilancio della CM è strumentale rispetto alla rivendicazione di un potere operaio nella fabbrica («le richieste d’informazioni, di miglioramento dei metodi e delle tecniche di lavoro, di consultazione preventiva sulle decisioni organizzative si pongono come legittime rivendicazioni di nuovo tipo») [27]
che si dimostra o si teme capace di «mordere» sull’autonomia di gestione aziendale.
Una vera e propria «fuga in avanti» ‒ dei sindacati e in misura non inferiore della Bassetti ‒ è stata, viceversa, la pretesa di affidare ad un istituto di fresca nascita come la segreteria della CM il compito di controllare le «due forze che agivano sotto la CM»; un istituto paragonabile ad un detonatore, sfornito dell’esca che lo renda esplosivo. Senonché, essa era necessitata, in quanto il ruolo che l’evolversi della situazione reclamava per superare la «crisi» della CM non poteva essere sostenuto se non da un nucleo organizzativo del potere sindacale in azienda oppure, faute de mieux, da un organismo sostitutivo [28]
. La lotta per ottenere o negare il riconoscimento di questa esigenza è in corso e l’esito è tuttora incerto. È tuttavia sicuro che proprio all’esito di questo conflitto ‒ ed a nient’altro ‒ è legato il destino della segreteria, una volta accertato che la stessa non ha potuto o voluto diventare una struttura consolidata, coessenziale all’organizzazione del sistema di CM, secondo il modello politico-­amministrativo originariamente ipotizzato [29]
. Ed è altrettanto sicuro che, se l’esito del conflitto sarà quello avuto di mira dai sindacati, ad esso avrà contribuito l’azione della segreteria: ma il suo eventuale successo avrà molte{p. 138} delle caratteristiche della vittoria di Giona sulla balena. Infatti, allorché ha scelto di (o si è adattata a) svolgere una funzione mediativa tra tutti i sindacati a livello d’impresa e tra il fronte unito dei sindacati e la direzione aziendale, la segreteria ha segnato il limite di chiusura della propria esperienza, oltre il quale non vi sarà più posto per un organo para ‒ o extra ‒ sindacale costituito da «personale messo a disposizione dell’azienda» e «organizzativamente inquadrato nell’àmbito della direzione generale».
Note
[11] Verbale del CA del 26 giugno 1967.
[12] Verbale cit. alla nota precedente.
[13] Intervento del DdP nel CA del 26 giugno 1967.
[14] V. il preambolo dell’accordo 20 dicembre 1965.
[15] Intervento del DdP nel CA del 26 giugno 1967.
[16] Intervento di Bassetti nel CA del 7 gennaio 1960.
[17] Come si ammette (verbale del CA del 26 giugno 1967).
[18] V. anche retro Parte I, nn. 3-4.
[19] Il 79% dei lavoratori occupati nello stabilimento di R. non ha superato la 5a elementare.
[20] Gorz, Il socialismo difficile, cit., p. 35.
[21] Intervento di un membro della segreteria nel corso della riu­nione del CA del 26 giugno 1967.
[22] Intervento di Bassetti nel CA del 26 giugno 1967.
[23] Intervento del DdP nel CA del 26 giugno 1967.
[24] Accordo del 20 dicembre 1965.
[25] V. retro Parte I, n. 6.
[26] Accordo del 20 dicembre 1965.
[27] V. nota precedente.
[28] In termini estremamente crudi ma realistici, si esprimerà al ri­guardo un segretario nazionale della CISL intervenuto alla riunione del 6 settembre 1965, commentando il modo con cui la istanza di aver un sindacalista nella Bassetti è stata realizzata («attraverso che cosa?: attraverso uno che è vostro dipendente»).
[29] V. retro Parte I, n. 8.