Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c1
Le competenze, così definite, sono state sistematizzate in molteplici modelli concettuali, che ne articolano le dimensioni ritenute importanti per la struttura della personalità e per gli effetti che a esse si associano. A seconda degli
{p. 36}interessi scientifici e delle impostazioni teoriche, questi modelli organizzano diversamente la materia. Mi limito qui ad alcuni esempi, senza alcuna pretesa di esaustività: la P21 (Partnership for 21st Century Skills) ha affermato le cosiddette «quattro C»: pensiero critico, comunicazione, collaborazione e creatività. Nel celebre testo di Tony Wagner, The Global Achievement Gap [2010], sono elencate sette «competenze per la sopravvivenza»: problem solving e pensiero critico, collaborazione con reti diverse e capacità di leadership, flessibilità e adattabilità, iniziativa e imprenditorialità, efficacia comunicativa (orale e scritta), capacità di accedere e analizzare informazioni, curiosità e immaginazione.
Le tassonomie e i programmi di SEL sviluppati in ambito europeo tendono generalmente a un approccio più ampio, che include la salute, gli aspetti economici e legati alla carriera che influenzano il benessere emotivo, la sensibilizzazione rispetto all’uso di sostanze, l’alimentazione e la sicurezza. Tuttavia, il focus principale dei programmi tende a essere sulle competenze sociali, di cittadinanza, di promozione della salute e dei diritti umani e sulla prevenzione della violenza e del bullismo [Cefai et al. 2018].
Di particolare rilievo, per la sua articolazione e per la sua diffusione, è anche il modello di SEL avanzato dal gruppo CASEL, che si basa su cinque cluster di competenze: autoconsapevolezza (self-awareness), gestione di sé (self-management), consapevolezza sociale (social awareness, un tratto che si avvicina alla capacità di assumere cognitivamente la prospettiva altrui), competenze relazionali e capacità di prendere decisioni responsabili (fig. 1.1).
Infine, di grande importanza per noi sono le recenti elaborazioni in sede OCSE, che sistematizzano il discorso in cinque dimensioni, denominate collaborazione, esecuzione di un compito, regolazione delle emozioni, ingaggio con gli altri e apertura mentale [John e De Fruyt 2015; Chernyshenko, Kankaraš e Drasgow 2018]. Queste corrisponderebbero alle cinque dimensioni del cosiddetto modello Big Five per lo studio della personalità, al tempo stesso modificandolo.{p. 37}
Fig. 1.1. Il modello CASEL per l’apprendimento socio-emotivo.
Fig. 1.1. Il modello CASEL per l’apprendimento socio-emotivo.
Il modello Big Five, per quanto naturalmente non unanimemente accolto nelle elaborazioni teoriche contemporanee in campo psicologico, rappresenta tuttavia un riferimento concettuale ed empirico ampiamente condiviso [Borkenau e Ostendorf 1990; Christal 1992; Digman 1990; Goldberg 1990; McCrae e Costa Jr. 1987]. Il modello garantisce una solida base empirica, poiché risulta da un vasto corpus di ricerca che ha consolidato i cluster in grado di identificare le principali caratteristiche di personalità, giungendo a risultati convergenti, che individuano una struttura a cinque fattori (fig. 1.2). Inoltre, il modello fornisce una sintesi molto efficiente delle differenze individuali nelle competenze socio-emotive. I cinque dominii in cui si articola hanno mostrato un alto valore predittivo, riferito ad abilità individuali malleabili e temporalmente stabili.
Il modello Big Five non parte da una semantica propria di una particolare prospettiva teorica, ma si fonda piuttosto {p. 38}sull’analisi del linguaggio informale utilizzato dalle persone per descrivere sé stesse e gli altri rispetto alle caratteristiche di personalità. Perciò, il modello rappresenta una tassonomia delle differenze individuali, sulla base delle modalità di codifica delle caratteristiche personali utilizzate nel linguaggio quotidiano [John e De Fruyt 2015; Chernyshenko, Kankaraš e Drasgow 2018]. A partire da vari studi psico-lessicali è emersa un’ampia varietà di termini, a partire dalla quale gli psicologi hanno svolto le proprie ricerche, concludendo che tali caratteristiche possono essere organizzate in cinque fattori sovraordinati, originariamente denominati come segue: coscienziosità, estroversione, amicalità, stabilità emotiva e apertura mentale. Ognuna di queste dimensioni rappresenta {p. 39}a sua volta un insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti tra loro interconnessi.
Fig. 1.2. Il modello Big Five nella formulazione OECD.
Fig. 1.2. Il modello Big Five nella formulazione OECD.
La coscienziosità si riferisce, da un lato, alla tendenza all’autocontrollo, all’organizzazione, alla pianificazione dei e alla cautela nei comportamenti; dall’altro, comprende l’ambizione, la dedizione e la caparbietà nel raggiungere gli obiettivi prefissati. L’estroversione rappresenta la tendenza a ricercare il contatto con l’altro, a mantenere una rete di rapporti e a sentirsi a proprio agio nelle situazioni sociali. Inoltre, le persone estroverse tendono a essere maggiormente assertive, energiche ed entusiaste della vita. D’altra parte, l’amicalità si riferisce alle qualità delle relazioni piuttosto che all’estensione del proprio network sociale. Le persone «amicali» sono più cooperative, cercano di minimizzare il conflitto interpersonale e mirano a mantenere relazioni positive. La stabilità emotiva è relativa alla capacità dell’individuo di controllare e gestire le proprie risposte emotive, i propri stati d’animo e la qualità di questi ultimi. Le persone con un alto grado di stabilità emotiva sono maggiormente resilienti, meno soggette a provare rabbia, irritazione e improvvisi sbalzi d’umore. Infine, l’apertura mentale si riferisce alla curiosità, a immaginazione, creatività e desiderio di cambiamento, all’apertura a stimoli intellettuali in genere. Essa riflette, inoltre, la preferenza verso una stimolazione di tipo esperienziale, di cui fanno parte l’apprezzamento per l’arte e la dimensione estetica, l’autoriflessione e l’autoesplorazione.
Il modello, nonostante le molte riflessioni ancora aperte sui termini utilizzati per identificare i fattori, ha ottenuto riscontri significativi su molteplici campioni a livello internazionale. Sarebbe comunque un errore considerarlo come una visione onnicomprensiva della personalità umana. È sempre possibile evocare ulteriori dimensioni, quali la motivazione, l’avversione al rischio o l’onestà [Kankaraš 2017], in ambito prestazionale o morale-motivante. Il punto per noi è che le SES siano qui adeguatamente schematizzate, nel quadro di una visione integrata che coimplica il carattere come comprendente aspetti capacitanti, o di prestazione (SES), e motivanti o d’impegno al valore, in relazione a molteplici {p. 40}sfere d’esperienza e d’azione. La risultante di questo campo di forze è l’identità personale (fig. 1.3) [18]
.
Fig. 1.3. L’identità personale come effetto emergente di competenze caratteriali in relazione ad ambiti d’esperienza.
Fig. 1.3. L’identità personale come effetto emergente di competenze caratteriali in relazione ad ambiti d’esperienza.
Un’ultima considerazione è rilevante per l’impostazione della nostra indagine. Nell’ambito del Big Five è stato sostenuto che sia più efficace analizzare le diverse sfaccettature della personalità, cioè le sotto-dimensioni del modello, piuttosto che le dimensioni in senso ampio [19]
. L’analisi delle sotto-dimensioni può risultare maggiormente predittiva rispetto ai punteggi relativi alle cinque macro-dimensioni. Le sotto-dimensioni, che possono essere definite come manifestazioni contestualizzate di fattori di personalità più ampi, sono risultate più attendibili in termini predittivi. Per esempio, la coscienziosità può essere vista come una tendenza generale a esercitare un certo grado di controllo sul proprio ambiente interno o esterno e quindi include una serie di pensieri e modelli comportamentali più specifici, come laboriosità, ordine e autocontrollo [Roberts et al. 2005]. Di conseguenza, essa è l’esito di diversi percorsi e azioni: implementare le competenze di pianificazione e orga
{p. 41}nizzazione (orderliness), migliorare le capacità di definizione e perseguimento degli obiettivi preposti (industriousness), sviluppare le abilità di autocontrollo.
Note
[18] Per una trattazione più approfondita di quest’ultimo tema devo rinviare ancora a Maccarini [2019, cap. 8].
[19] Su questo punto ci riferiamo ancora al frame concettuale articolato in sede OECD da John e De Fruyt [2015]; Chernyshenko, Kankaraš e Drasgow [2018].