L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c1
Il nostro approccio è al tempo
stesso più orientato all’analisi di che cosa funziona e perché e
assai meno ambizioso
¶{p. 16}in termini di generalizzazione. Anzitutto,
non svolgiamo uno studio longitudinale, che abbracci più fasi dello sviluppo
psico-sociale. Inoltre, ovviamente non ignoriamo la grande rilevanza, nel costruire il
carattere delle persone e le loro competenze socio-emozionali, di fattori esogeni
rispetto alle istituzioni scolastiche, quali le dotazioni innate, le variabili relative
alla famiglia e alla comunità nelle sue varie dimensioni. In questa particolare ricerca,
tuttavia, intendiamo concentrarci sulla comprensione di quale possa essere il contributo
specifico di alcuni fattori endogeni alle dinamiche della scolarizzazione. La nostra
scelta non è dettata da un’ipotesi teorica che sostenga la maggiore importanza relativa
della scuola rispetto alle altre agenzie educative e socializzative. Ancora meno implica
l’idea che queste possano operare efficacemente in assenza di reciproche relazioni
positive di mutuo rafforzamento. Al contrario, l’alleanza educativa rimane l’orizzonte
del nostro lavoro. Si tratta semplicemente di concentrarsi qui su ciò che la scuola
specificamente può fare – il che comporta, certamente, presupporre che la sua rilevanza
educativa non sia comunque trascurabile, tanto sul piano empirico-descrittivo quanto su
quello di policy, ossia della normatività sociale attualmente
condivisa.
Infine, ci concentriamo
sull’emergere di SES a partire da dotazioni precedenti delle medesime SES e attraverso
processi educativi a esse legati (self-productivity), e non ci
occupiamo di come le SES possano contribuire al miglioramento di altre competenze
(cross-productivity), per esempio quelle
scolastico-disciplinari, tipicamente rappresentabili nella nozione di «riuscita
scolastica», misurata attraverso voti e/o test standardizzati. Quest’ultima limitazione
è stata decisa sostanzialmente a causa della peculiare situazione legata alla pandemia
che ha investito la società italiana tra inverno e primavera del 2020. Per varie
ragioni, essa ha reso non disponibili, o comunque poco affidabili, i dati sulla riuscita
in tutta la seconda parte dell’anno scolastico (2019-2020) in cui si è svolta l’indagine
sul campo.
Un’ultima precisazione riguarda la
distinzione tra dimensione esplicita e
implicita dell’insegnamento. Buona parte delle ricerche
empiriche in merito alle SES si occupa ¶{p. 17}di valutare l’efficacia
di programmi direttamente rivolti all’apprendimento socio-emotivo
[3]
(SEL). Le scuole che noi abbiamo studiato sono certamente coinvolte in
molteplici progetti extradisciplinari. Questa partecipazione sarà oggetto della nostra
analisi. Tuttavia, nessuno di quei progetti potrebbe essere classificato propriamente
come programma SEL. La nostra attenzione è andata, quindi, principalmente alla
dimensione implicita, cioè all’effetto che varie dimensioni dell’organizzazione e
dell’esperienza scolastica possono avere sulle SES. Al di là della semplice situazione
fattuale che abbiamo trovato nelle scuole oggetto della nostra indagine, vi è in questa
impostazione anche una scelta teorico-concettuale. Un esteso corpus
di ricerca empirica dimostra che le SES emergono efficacemente quando sono insegnate e
«manifestate» attraverso modelli di ruolo e sono applicate a diverse situazioni, così da
poter essere impiegate nei repertori di azione quotidiani di adulti e giovani alunni.
Ciò comporta certamente:
a) l’importanza
di programmi educativi espliciti, sia di carattere universalistico, cioè rivolti a tutti
gli studenti, sia mirati a studenti a rischio o che già manifestano problemi
comportamentali nel campo sociale ed emozionale; tuttavia, ciò non esaurisce affatto il
raggio d’azione del SEL, che comprende anche:
b)
l’integrazione del SEL nel curriculum di studi, in aree
disciplinari e di contenuto specifico oppure in altre attività, creando opportunità di
autonomia, esperienze positive, promozione dell’engagement;
c) la
coltivazione di relazioni interpersonali positive centrate sullo studente. Quando si
parla di apprendimento socio-emotivo, si fa riferimento almeno a due aspetti: da un
lato, le SES costituiscono il contenuto e l’obiettivo di programmi di apprendimento,
mentre dall’altro esse sono dimensioni delle relazioni educative, tra insegnanti e
alunni. Da quest’ultimo punto di vista, sono il medium attraverso
il ¶{p. 18}quale viene dischiusa agli alunni la ricerca del proprio
posto nel mondo, entrando in contatto con grandi idee e scopi onde scoprire le proprie
idee e i propri scopi. Ciò significa che la dimensione socio-emotiva delle relazioni
educative e le relative competenze sono strettamente intrecciate – anche attraverso gli
stili d’insegnamento – con lo sviluppo della riflessività personale dei giovani, con la
scoperta di valori, l’identificazione di premure e l’assunzione di impegni [Archer 2000;
2003];
d) lo sviluppo
a vari livelli di politiche, pratiche e strutture legate al clima scolastico e di
servizi di sostegno agli studenti. Ciò coinvolge una cultura organizzativa che promuova
tutto questo, per esempio valori, norme e aspettative chiare, politiche della disciplina
eque e giuste, approcci riparativi alla risoluzione dei conflitti;
e) lo sviluppo
del senso di comunità educativa;
f)
l’integrazione di classi e scuole in sistemi di supporto multilivello.
In ultima istanza, la nostra tesi
fondamentale è che il SEL vada interpretato, e agito, nell’ambito complessivo dei
processi di socializzazione. Sotto questo profilo, è noto che lo sviluppo
socio-emozionale è il risultato di «un maelström di molteplici
forze concorrenti» [Elias et al. 2015, 35]. È indispensabile quindi
incorporare queste competenze in un framework che diventi parte
delle identità degli alunni e ciò richiede il coordinamento di emozioni, cognizione e
comportamento nel tempo.
Tutto ciò spiega il titolo di questo
volume. Il nostro obiettivo generale consiste nell’osservare il cambiamento delle SES
tra l’inizio e il termine di un anno scolastico e nello studiare in profondità alcuni
processi interni alle scuole, caratterizzanti il loro ambiente educativo, ipotizzando
meccanismi e fattori efficaci nel sostenere e promuovere tali competenze. Non si tratta
di valutare l’impatto di specifici progetti per l’apprendimento socio-emotivo, ma di
esaminare la scuola come ecosistema socio-educativo favorevole all’emergere e alla
crescita delle competenze in questione.¶{p. 19}
2. «Rationale», definizione e quadro di riferimento concettuale
2.1. Perché ha senso studiare le SES
Ogni ricerca ha un suo assunto
di rilevanza. Perché ha senso porsi le domande che abbiamo formulato e intraprendere
l’indagine corrispondente?
Il nostro lavoro s’inserisce in
un panorama di studi vasto e multidisciplinare, entro cui si svolgono programmi di
ricerca differenti, ognuno dotato di sue logiche fondamentali. Il retroterra sociale
e culturale di questa intrapresa è complesso. Come abbiamo anticipato, le SES
rappresentano un modo per (ri)concettualizzare la formazione integrale della persona
e la sua relazione con il mondo. Non a caso, vari studiosi si riferiscono a esse
come a un revival nel discorso educativo dell’interesse per il
bambino «tutto intero» (whole child). In questo senso, il tema
tocca intuitivamente il nucleo centrale del fenomeno educativo, al di là del
contesto contemporaneo, e nel tempo è stato oggetto di un passaggio dall’implicito
all’esplicito. Lo sviluppo socio-emotivo e caratteriale dei bambini e dei giovani
avviene sempre, in tutte le scuole del mondo, anche
inconsapevolmente, quindi in modo incontrollato. La ragione è semplice: è
impossibile mettere insieme adulti e bambini per lungo tempo, senza che ciò
influisca sulle competenze sociali ed emotive degli alunni e sul tipo di persone che
essi diventano [Elias et al. 2015, 33]. A partire dagli anni
Novanta del secolo scorso, tuttavia, tale nocciolo educativo è divenuto oggetto di
un processo riflessivo esplicito, sviluppatosi in parziale polemica rispetto
all’enfasi allora crescente sui test disciplinari standardizzati, ma con l’ambizione
di portare il discorso al di là dei confini, teorici e operativi, delle concezioni
umanistiche classiche
[4]
. Il tema si è successivamente affermato ¶{p. 20}come un
focus centrale del nuovo discorso dell’educazione e della
sua personalizzazione.
A livello internazionale, un
ampio panorama di ricerche ha da tempo illustrato gli esiti positivi per le persone
e per la società che ci si aspetta dalle SES
[5]
. In sintesi, si potrebbe riassumere che più alti livelli di SES sono
correlati a effetti positivi:
a) sul
rendimento scolastico;
b) nel
contrasto alla devianza e a numerosi comportamenti a rischio;
c) sul
successo professionale;
d) su vari
life outcomes – relativi alla salute e alla riuscita in
sfere di vita anche non lavorativa – e in ultima istanza sul benessere psicologico
complessivo.
Più analiticamente, si osserva
che questi effetti, in special modo quelli sulla riuscita scolastica,
i) funzionano in modo cumulativo, autoincrementandosi dalla
prima infanzia fino all’età adulta; in relazione a ciò, ii) gli
esiti attesi sono sia a breve che a lungo termine; infine, iii)
riguardano un insieme molto ampio di comportamenti e capacità di prestazione, da
quelle relative alla produttività nel lavoro in compiti specifici, alla sfera
comportamentale in vari ambiti della vita, fino alla salute e al benessere della
persona e infine al suo contributo al benessere e alla produzione di beni collettivi
– come nel
¶{p. 21}caso di civismo, empatia e capacità d’interagire
in contesti multiculturali.
Note
[3] Cfr. per esempio Kechagias [2011]; si vedano anche le utili rassegne in alcuni grandi testi di riferimento, come Weissberg, Durlak, Domitrovich e Gullotta [2015, parti II e III].
[4] Importante fu qui il contributo di Elias; nello stesso gruppo diede vita anche a CASEL (Collaborative for Academic, Social and Emotional Learning, si veda soprattutto CASEL [2013; 2017]) come espressione organizzativa del proprio interesse di ricerca.
[5] Riassumiamo qui, in estrema sintesi e in termini molto generali, i maggiori risultati di un corpus di ricerca empirica molto ampio. Oltre agli autori citati nel testo, l’evidenza che riportiamo si basa su rassegne e meta-analisi concernenti gli outcomes delle competenze socio-emotive. Tra queste ricordiamo la prima, grande analisi di Durlak et al. [2011] e tre importanti studi successivi [Sklad et al. 2012; Taylor et al. 2017; Wiglesworth et al. 2016], che hanno riportato risultati sostanzialmente concordi rispetto alla prima. Due di queste indagini sono focalizzate sugli esiti a breve termine degli interventi SEL, con dati provenienti da ricerche svolte poco dopo la conclusione dei programmi [Durlak et al. 2011; Wiglesworth et al. 2016]. Le altre due, invece, sono centrate sugli effetti a lungo termine delle competenze socio-emotive, a partire da dati raccolti nei periodi di follow-up degli interventi [Sklad et al. 2012; Taylor et al. 2017]. Per uno studio comparativo specificamente orientato alla situazione europea, molto utile è anche la rassegna analitica degli interventi di SEL presenti nei curricula delle scuole in area UE presentata in Cefai et al. [2018].