Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c7
Una constatazione confermata dall’Istat
[21]
nel recente Report sul rendimento dei titoli di studio per il lavoro. In
Italia, nel confronto con l’Europa, alla più elevata incidenza di giovani che
abbandonano precocemente gli studi, si associa una quota di occupati, tra questi,
significativamente inferiore (–11 punti). In Italia è occupato un giovane Elet
[22]
su tre (35,4%), nella media UE poco meno di uno su due (46,6%). Di contro,
in Italia un Elet su due dichiara che vorrebbe lavorare a fronte di uno su tre in
Europa. Confrontando la condizione occupazionale dei giovani Elet con i coetanei che
hanno abbandonato i percorsi di istruzione e formazione dopo aver raggiunto il titolo
secondario superiore, si osserva che oltre la metà di questi ultimi
¶{p. 168}(53,6%) è occupato già dopo pochi anni dall’uscita dagli studi,
contro appena un terzo degli Elet (35,4%). Peraltro, sempre secondo lo stesso studio di
Istat, il basso tasso di occupazione degli Elet non deriva da uno scarso interesse a
entrare nel mondo del lavoro, ma dalla reale difficoltà a trovare un’occupazione; il
tasso di mancata partecipazione, cioè la quota di non occupati tra quanti sono
disponibili a lavorare è infatti significativamente maggiore tra gli Elet (56,2%)
rispetto ai diplomati (38,9%).
Non-Neet |
Neet |
Totale |
|
Post-laurea
(Dottorato/Master) |
87,0 |
13,0 |
100 |
Laurea magistrale o laurea di
vecchio ord. |
81,6 |
18,4 |
100 |
Laurea triennale o diploma
universitario |
85,5 |
14,5 |
100 |
Diploma di scuola media
superiore |
80,7 |
19,3 |
100 |
Qualifica di scuola media
superiore |
64,6 |
35,4 |
100 |
Licenza di scuola media
inferiore |
50,7 |
49,3 |
100 |
Fonte: Rilevazione
dell’Indagine 2017 dell’Istituto Giuseppe Toniolo, in S. Alfieri, M.
Migliavacca e E. Sironi, Neet in una prospettiva dinamica: come si
entra ed esce dal «tunnel», in La condizione
giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2019, Bologna, Il
Mulino, 2019, p. 57. |
Un insieme di dati che mettono
ulteriormente in luce il ruolo indiretto ma essenziale dell’istruzione (lunga e di
successo) anche sul rafforzamento del «carattere» dello studente, della sua persona. Le
rilevazioni dell’Istat coincidono con i confronti che l’Istituto Toniolo ha compiuto sui
Neet intervistati a distanza di quattro anni, negli anni 2012 e 2016. I giovani non
diplomati presentano livelli di inserimento nel mercato del lavoro inferiori, anche
sensibilmente nel caso del campione dell’Indagine 2016, a quelli in possesso di un
titolo secondario superiore. Nel confronto a distanza di quattro anni la quota dei Neet
cresce di 4 punti, ma per i non diplomati passa dal 40,5 al 57,5%, mentre i Neet
diplomati passano dal 34,4 al 37,1%. I giovani con almeno un diploma sperimentano una
condizione di vantaggio che si manifesta soprattutto sul piano dell’occupabilità e
quindi di maggior tutela rispetto a traiettorie di
marginalizzazione.¶{p. 169}
Rispetto all’atteggiamento di
soddisfazione verso la propria vita, i giovani non in possesso di un titolo secondario
manifestano un più basso tasso di fiducia generalizzata e istituzionale e un debole
coinvolgimento personale nel mondo della partecipazione sociale (volontariato). Una
distanza che sta crescendo negli anni.
I Neet, soprattutto i bassi livelli
di scolarità, manifestano un maggior grado di sfiducia nei confronti dell’«altro
generalizzato», delle istituzioni, esprimono un minor livello di felicità e
soddisfazione per la propria condizione di vita
[23]
.
È un tema su cui insistono le
ricerche dei Rapporti annuali sui giovani dell’Istituto Toniolo, che hanno il merito di
affiancare i numerosi approfondimenti sul tema delle competenze trasversali, per lo più
centrate sulla domanda delle imprese, con un focus prezioso sull’offerta e, in
specifico, sulla condizione dei giovani Neet. Anche sulla scia di studi realizzati in
altri paesi
[24]
, una parte del Rapporto Giovani 2018 ha preso in
considerazione anche la dimensione delle SES nella percezione che, in relazione alla
loro padronanza, hanno le diverse categorie dei giovani che si affacciano alla vita
adulta e al lavoro, con un confronto specifico dei giovani Neet con i giovani Non-Neet.
Anche qui emerge prima di tutto che tra i fattori maggiormente associati alle varie
dimensioni delle SES considerate, un ruolo rilevante è svolto dall’istruzione propria ma
anche dal background culturale della famiglia di origine.
L’istruzione è ancora uno dei principali fattori di successo che si manifestano non solo nell’immediato nell’acquisizione di competenze specifiche, ma anche mediante il rafforzamento delle competenze trasversali che potenziano la fiducia in sé stessi, ¶{p. 170}l’abilità di trattare il prossimo, di stare bene nel gruppo di pari e in relazione con gli adulti [25] .
La ricerca rimarca in modo netto
come i Neet siano caratterizzati da una serie di caratteristiche psicosociali: bassa
autostima e autoefficacia, scarsa motivazione nei confronti delle possibilità di impiego
e poca fiducia negli altri e nel futuro. Inoltre sono molto più pessimisti dei loro
coetanei in merito alla loro probabilità futura di andare avanti nella vita
[26]
. Per un numero considerevole degli item considerati i Neet dichiarano di
possedere livelli significativamente inferiori delle SES rispetto alle altre categorie
sociali soprattutto in relazione ad alcune specificità come «capacità di risolvere i
problemi», «leadership» e «gestione del tempo».
Anche rispetto al «desiderio di
imparare» e «avere un sogno da realizzare», i Neet – e in modo ancora più marcato il
loro sottogruppo composto dai disoccupati da oltre due anni – sono i giovani che
mostrano i risultati peggiori. Un’evidenza non casuale che sottolinea come il protrarsi
di una condizione di disoccupazione sia associato a una radicalizzazione del senso di
sfiducia nelle proprie potenzialità. Infine, rispetto agli item «capacità di resistere
alle situazioni stressanti» «capacità di lavorare in modo autonomo», l’analisi
multivariata individua di nuovo i disoccupati e soprattutto i Neet scoraggiati e non
attivabili come i soggetti che hanno le performance peggiori. Un risultato che
suggerisce la possibilità che chi di più sa resistere a condizioni stressanti tenda a
uscire prima dalla condizione di Neet o a cercare più a lungo lavoro senza cadere nello
scoraggiamento. La condizione forzata di inattività, soprattutto quella più radicata per
la parte di Neet che non trova un’occupazione da almeno 24 mesi, «rappresenta per molti
¶{p. 171}giovani un momento di frustrazione e di svilimento non solo
delle competenze tecniche, ma anche un degrado delle competenze trasversali»
[27]
. Risulta sensibilmente deteriorata non solo l’idea positiva di sé, ma anche
la voglia di imparare e la capacità di relazionarsi con gli adulti.
Uno studio specifico dell’anno
successivo sui fattori che favoriscono l’ingresso e l’uscita dalla condizione di Neet
mette di nuovo in evidenza come le SES siano importanti e ribadisce che «chi sa
resistere allo stress tende a uscire prima dalla condizione di Neet o a cercare più a
lungo lavoro senza cadere nello scoraggiamento»
[28]
.
La fiducia in sé stessi e nella
positività dell’ambiente circostante emerge come una chiave essenziale per proteggere
gli individui dal rischio di diventare Neet, ma soprattutto è molto rilevante per uscire
da quella condizione
[29]
. Si tratta peraltro di una constatazione che trova conferma anche nelle
indagini internazionali PIAAC (Programme for the International Assessment of
Adult Competencies). L’Inchiesta sulle competenze degli
adulti
[30]
mostra che gli individui meno qualificati, tanto più quando sono in
condizione di disoccupazione, non sono soltanto soggetti a una maggiore precarietà in un
mercato del lavoro in rapida trasformazione, ma provano anche un maggior senso di
esclusione e impotenza nei confronti di numerosi contesti economici, sociali e politici.
I dati dell’indagine indicano che carenze di competenze [tecniche e sociali] si accompagnano alla tendenza a non fidarsi degli altri e delle istituzioni. Benché i nessi tra livello di istruzione, identità e disposizione a fidarsi del prossimo siano complessi, si ¶{p. 172}tratta di collegamenti fondamentali, perché la fiducia è il collante della società moderna [31] .
Peraltro, contrariamente a quanto ci
si potrebbe aspettare, considerando anche la loro maggiore disponibilità di tempo
libero, i Neet hanno relazioni sociali tendenzialmente meno intense dei loro coetanei,
che in alcuni casi coincidono con situazioni di isolamento vero e proprio. Non a caso,
tra l’altro, il nostro paese è uno di quelli al vertice della classifica sull’età media
in cui si verifica l’abbandono della casa dei genitori, uno dei più importanti eventi
marcatori per la transizione alla vita adulta. Alle difficoltà delle nuove generazioni,
soprattutto a fronte degli scarsi risultati dei sistemi pubblici per il lavoro (centri
per l’impiego), ma anche del sistema dell’istruzione, si supplisce con la richiesta di
un alto investimento privato: la famiglia si pone come il principale ammortizzatore
sociale per questa categoria di soggetti.
Una via, quella della famiglia, che
non sembra tuttavia produrre risultati significativi per i giovani, per lo meno per
quanto riguarda il rafforzamento delle SES e della loro capacità di ampliare e
consolidare le relazioni sociali. Rimanere ancorati al porto sicuro della propria
famiglia non sempre facilita l’aprirsi al mare aperto, alla possibilità di affrontare le
incertezze e le sfide della situazione problematica nella quale si vive. Alla fine
diventa quasi un alibi per non avventurarsi nella vita senza facili coperture
assicurative. «Soprattutto non favorisce una responsabilità progettuale e realizzativa
della propria identità professionale segnata da un carattere etico adeguato»
[32]
. La transizione alla vita adulta e al lavoro diluisce le dimensioni del
passaggio fino a quasi farle sparire in una condizione di prolungamento
dell’adolescenza.
¶{p. 173}¶{p. 174}
Note
[21] Istat, Livelli di istruzione e ritorni occupazionali. Anno 2019, Report, Roma, luglio 2020.
[22] Early Leavers from Education and Training; la quota di 18-24enni che possiede al più un titolo secondario inferiore ed è già fuori dal sistema di istruzione e formazione è uno degli indicatori della Strategia Europa 2020; per il quale il benchmark europeo è stato fissato al 10%. Una percentuale del 13,5% significa circa 561.000 giovani.
[23] D. Mesa, G.L. Battilocchi e P. Triani, L’impatto della povertà educativa sulle traiettorie di vita dei giovani, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2019, cit., p. 90.
[24] Goldman-Mellor, Caspi, Arseneault, Ajala, Ambler, Danese Wong, Committed to Work but Vulnerable: Self-perceptions and Mental Health in NEET 18-year Olds from a Contemporary British Cohort, in «The Journal of Child, Psycology and Psychiatry», 57, 2016.
[25] S. Poy, A. Rosina e E. Sironi, Il valore delle soft skills per le nuove generazioni, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2018, Bologna, Il Mulino, 2018.
[26] D. Marziana, S. Poy, A. Rosina e E. Sironi, Alternanza scuola-lavoro e sviluppo delle soft skills: un’indagine sulle attese dichiarate dei giovani, in «RicercAzione», 10, 2, 2018, p. 193.
[27] S. Poy, A. Rosina e E. Sironi, Il valore delle soft skills per le nuove generazioni, cit., p. 99.
[28] A. Rosina, Un ritratto dell’adulto italiano da giovane, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2019, cit.
[29] S. Alfieri, M. Migliavacca e E. Sironi, Neet in una prospettiva dinamica: come si entra ed esce dal «tunnel», in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2019, cit., p. 70.
[31] A. Schleicher, Una scuola di prima classe, cit., p. 39.
[32] M. Pellerey, Soft skill e orientamento professionale, cit., p. 27.