Migrazione economica e contratto di lavoro degli stranieri
Confine è la rappresentazione del “solco”, la forma della sovranità dello Stato nazione nato dalla disgregazione degli imperi coloniali, chiuso all’interno di frontiere proprie. Confine ha molte connotazioni; con riguardo alla migrazione economica è l’altra faccia del movimento o, se si preferisce, della mobilità e può essere tradotto in istituti giuridici diversi. È al paradigma del confine come metafora della barriera che s’ispira questa ricerca, sviluppando le suggestioni di segno opposto alla virtuosa relazione tra cittadinanza e lavoro, a livello dell’Unione europea e a livello nazionale. Il tema trattato rende evidente che le questioni lavoristiche classiche (il contratto di lavoro, il funzionamento del mercato della manodopera) non possono essere disgiunte dalla valutazione di contesto europeo di riferimento, non tanto e non solo per le trasposizioni di direttive più recenti da portare a sistema (direttiva rimpatri, sanzioni, permessi). Ma soprattutto perché la prima, concreta, fase d’influenza del diritto dell’Unione sul diritto nazionale in materia di migrazione per ragioni di lavoro può considerarsi aperta e consentirà di misurare l’impatto delle cosiddette “politiche di prossimità” elaborate a livello sovranazionale anche con il concorso dei governi nazionali che si sono succeduti dal 1999, anno delle Conclusioni di Tampere, ad oggi.
Questa pubblicazione è stata finanziata dal Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Verona, Fondo unico per la ricerca (FUR). L’attività di ricerca svolta ha concorso all’elaborazione del progetto LEGAL_frame_WORK, Lavoro e legalità nella società dell’inclusione, finanziato dal Miur nell’ambito dei progetti PRIN, anno 2010.