Carnefici e vittime
Le radici psicologiche della Shoah e delle atrocità sociali
Nel luglio del 1942 al battaglione 101 dell'esercito tedesco, composto per la
maggior parte da militari di leva, fu affidato il compito di rastrellare gli ebrei di un
villaggio nei pressi di Lublino, con l'ordine di inviare gli uomini abili ai campi di
lavoro e di sopprimere le donne, i bambini, gli anziani. Le squadre si alternarono nel
massacro per tutta la giornata: i soldati sceglievano le proprie vittime e le uccidevano
una dopo l'altra con un colpo di fucile alla nuca. Ci fu una pausa per il pranzo, poi le
esecuzioni procedettero fino a sera. A questo eccidio ne seguirono altri dodici e in
poco più di un anno il battaglione 101 uccise almeno 38.000 persone. Come mai e a quali
condizioni le norme che generalmente inducono ad aiutare e proteggere i propri simili
possono essere così atrocemente sovvertite? L'apporto della psicologia allo studio dei
fenomeni sociali distruttivi è rilevante ma poco noto. L'autrice mostra come sia
l'"esclusione morale" degli individui e dei gruppi a rendere possibili il
maltrattamento, la violenza, la tortura, fino ai casi estremi della Shoah o dei "killing
fields" cambogiani.