Proibito capire
La Chiesa e il volgare nella prima età moderna
Celebrando la prima messa in italiano, nel marzo del 1965, Paolo VI dichiarò che
con quell'evento "memorabile" aveva "sacrificato tradizioni di secoli per arrivare a
tutti". Per cogliere tutta la portata rivoluzionaria di questa affermazione ci si deve
rifare alla plurisecolare strategia della Chiesa che dell'inaccessibilità del
"patrimonium fidei" per le masse dei credenti aveva fatto un obiettivo fondamentale.
L'allarme suscitato dalla diffusione delle dottrine protestanti e dalle successive
dispute aveva, infatti, indotto Roma a riaffermare il monopolio del latino e a erigere
steccati sempre più alti tra religione dei chierici e credenze dei fedeli. Oltre ad
allontanare la gente comune dall'esperienza di una fede consapevole, le proibizioni
operate dall'Inquisizione contro l'uso del volgare ebbero ripercussioni anche al di là
dell'ambito propriamente religioso: sulla letteratura d'intrattenimento, caratterizzata
dalla commistione di temi sacri e profani, e sui contenuti dell'insegnamento primario,
imponendo la sostituzione di libri devozionali molto diffusi con catechismi e preghiere
in latino. Se le conseguenze di queste scelte sul processo di alfabetizzazione e di
unificazione linguistica della penisola attendono ancora di essere compiutamente
valutate, questo libro si propone di ricostruire - grazie anche a nuovi apporti
documentari - i momenti cruciali del tortuoso itinerario della politica censoria di Roma
nella prima età moderna.